Sarcophagus with the myth of Leucippides’ abduction (front panel)
Roman work.
Pentelic marble.
First half of the 2nd cent. CE.
Inv. No. 104.Florence, Uffizi GalleryPhoto by Ilya Shurygin

Sarcophagus with the myth of Leucippides’ abduction (front panel).

Roman work.
Pentelic marble.
First half of the 2nd cent. CE.
Inv. No. 104.

Florence, Uffizi Gallery
(Firenze, Galleria degli Uffizi).

Private collection, Medici.
Origin:
Previously in the Valle-Capranica collection, later at the villa Medici in Rome, arrival at Florence in 1787.
Description:

Sarcophagus with the Leucippidi’s abduction scene

First half of II c. A. D.
Pentelic marble.
1914 Inventory n. 104.
Provenance: Previously in the Valle-Capranica collection and later at the Medici Villa in Rome, arrival in Florence in 1787.

The sarcophagus, probably meant to contain the remains of a married woman and reused in modem times as a fountain, portrays the myth of the Leucippidi. Ilaria and Febe, daughters of Leucippo, King of Messenia, were promised to wed their cousins, the Afaretidi, but were abducted by the Dioscuri, the Spartan heroes Castor and Pollux, who wed them against their will. This scene portrays the moment in which the young women are abducted, while their legitimate fiancées attempt to save them. During the fight that follows, Castor and the Afaretidi die. In Sparta, along with the Dioscuri, the Leucippidi were deified and worshipped.

Museum annotation (2019)

Italiano 252. Sarcofago: Ratto delle Leucippidi (inv. n. 104).

Marmo pentelico: lungh. m. 2,20; alt. 0,56; prof. 0,75.

Sono di restauro moderno parti dell’orlo, nel lato sinistro piccole parti del fondo; nella fronte le estremità degli scudi dei due guerrieri combattenti, mano destra della figura centrale, mano e avambraccio destro della Leucippide di destra; lato destro, piede destro della figura virile e tasselli all’orlo e alla base, parte inferiore del volto della figura angolare. Mancano, testa della figura angolare di sinistra, parti dei panneggi. Il sarcofago è ricomposto di tre frammenti, ma le fratture non intaccano la fronte; nel fondo a sinistra è un largo foro. La superficie è stata ripulita.

Era nella collezione Capranica-Valle, con la quale passò in proprietà Medici(1) e fu collocato a Villa Medici(2) dove lo vide ancora Winckelmann. A Firenze fu trasportato presumibilmente fra il 1780 e il 1788. In Galleria è sempre stato nel I Corridoio.

Le scene dei lati minori, svolte ciascuna sullo sfondo di un parapetasma e pressoché analoghe per lo schema, sono interpretate da Amelung come Hermes e Alkestis a sinistra, Herakles e Alkestis a destra, per analogia con il sarcofago di cui al numero 257; Dütschke e S. Reinach(3) vi riconoscono invece le nozze dei Dioscuri con le Leucippidi, esegesi che sembra da preferire, sia per l’assenza di attributi specifici nelle due figure virili, sia per l’analogia delle due scene, sia infine perchè si ha un legame più coerente con il soggetto del lato frontale, rimanendo sostanzialmente identico il valore allegorico delle scene, in quanto le nozze con i Dioscuri sono esse stesse simbolo di resurrezione. Le Horai o Nikai carpofore (qui con le vesti lunghe) hanno la stessa funzione di quelle del sarcofago di cui al numero precedente, con il quale già W. Amelung ha indicato strette analogie stilistiche; le analogie esistono, ma più quanto allo schema (cfr. la Persefone e la Leucippide di destra) che quanto allo stile, poiché in questo sarcofago non vi sono le proporzioni così spiccata-mente longilinee, i tratti realistici, la frammentazione dei motivi del panneggio, l’angolosità delle figure. Qui i gruppi sono simmetrici, ai lati della figura muliebre che occupa il mezzo geometrico e il dinamismo nasce più dai gruppi singoli che dall’insieme. Di comune fra i due c’è lo stacco delle figure dal fondo, l’urto violento fra orizzontali e verticali, il senso del colore. L’esemplare con lo stesso soggetto del Museo Vaticano(4) riproduce gli schemi e financo la compenetrazione degli scudi dei due guerrieri che lottano affrontati a sinistra, ma è più conserto e affollato nella composizione, più coloristico, più morbido nel modellato, meno meccanico negli schemi; entrambi sono esiti diversi dello stesso cartone, mentre rispetto al sarcofago di Proserpina, vi è soltanto parziale analogia di schemi. W. Amelung riferiva il sarcofago delle Leucippidi all’arte neoattica, confrontandolo con il rilievo n. 16 (p. 26). È naturale che solo in senso molto generico si possa parlare di neoatticismo, non nel senso circoscritto del termine; parimenti non si può accettare la datazione alla fine del I secolo d. C. data da Robert. J. Toynbee ascrive questo sarcofago all’età di Adriano e questa datazione è la giusta.

Guido A. Mansuelli (1958)

(1)Documenti inediti e per servire alla storia dei Musei italiani, Roma, 1878, IV, p. 379.

(2)Archivio della Guardaroba, presso l’Archivio di Stato di Firenze, 779, 226, 9.

(3)S. Reinach, Répertoire des reliefs grecs et romains, I—III, Paris, 1909—1912.

(4)J. M. C. Toynbee, The Adrianic School, a Chapter in the History of greek Art, Cambridge, 1934, fig. 4, di T. XL.

Literature:
J. J. Winckelmann, Sämmtliche Werke, Donaueschingen, 1825—1829: II, p. 584;
E. Q. Visconti, Musée Pie-Clementin, Milano, 1817—1824, IV, p. 90;
Radet, MusNapoléon, II, 1805, p. 118;
Zoega, in Welcker, Zeitschrift für Geschichte der ahtiken Kunst, Leipzig, 1818, p. 406;
Böttiger, Arch. der Malerei, 1811, p. 294;
C. O. F. de Clarac, Musée de Sculpture, Paris, 1826—1832 e 1833—1847 (S. Reinach, Répertoire de la Statuaire grecque et romaine, I, Paris, 1916), II, p. 257;
Campana, Due sep. romani, Roma 1840, p. 34;
Bursian, Archaeologische Zeitung, X, 1852, p. 410;
E. Braun, Ruinen und Museen, Braunschweig, 1854, p. 516;
Klügmann, AnnInst, 1864, p. 316;
H. Dütschke, Antike Bildwerke in Oberitalien, III, Leipzig, 1878, 74;
C. Rigoni, Catalogo della Reale Galleria degli Uffìzi di Firenze, Firenze, 1891, n. 62;
Michaelis, Jahrbuch des deutschen archaeologischen Instituts, Berlin, VI, 1891, p. 229, n. 44;
W. Amelung, Führer durch die Antiken in Florenz, München, 1897, 27;
Documenti inediti e per servire alla storia dei Musei italiani, Roma, 1878, IV, p. 379;
A. Gotti, Le Gallerie e i Musei di Firenze, Firenze, 1872, p. 366;
K. Robert (— A. Rumpf), Die antiken Sarkophagreliefs, Berlin, 1890 e ss., III, 2, n. 180, tav. LVII figg. 180, 180 a e b.;
S. Reinach, Répertoire des reliefs grecs et romains, I—III, Paris, 1909—1912: III, p. 33, 1;
J. M. C. Toynbee, The Adrianic School, a Chapter in the History of greek Art, Cambridge, 1934, p. 194, tav. XL, fig. 3;
G. Lippold, Antike Gemäldekopien, München, 1951, p, 33, tav. IV, fig. 20.

Documenti:

1584 (Inventario Capranica Valle: G. Fiorelli, Documenti inediti e per servire alla storia dei Musei italiani, Roma, 1878, l. c.): un pilo con la presa delle Sabine;
1670, Archivio della Guardaroba, presso l’Archivio di Stato di Firenze, 779 (Inventario Generale di Villa Medici), 226, 9: un pilo con un rapimento delle Sabine.

Disegni e incisioni:

Cod. Coburgensis, 91, f. 292;
Pighianus, 272 e 209 (in Robert, l. c.);
G. B. Franco, Contraffationi (Torino, Bibl. Nazionale);
De Vos (Robert, l. c., fìg. 2);
Windsor VIII, 78 e IX a, 5, 15 (C. Dal Pozzo);
Eton, Cod. Topham, XII, ff. 73—76;
Cook (Michaelis, l. c.).

Fot.: Alinari 1313.
Credits:
© 2019. Photo: Ilya Shurygin.
Info: the museum annotation.
© 1958. Description, bibl.: Guido A. Mansuelli. Galleria degli Uffizi. Le sculture. Parte I. Istituto Poligrafico dello Stato. Roma, 1958, pp. 234—235, cat. no. 252, ill. 252.
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