Статуя Афродиты, подписанная Менофантом.
Рим, Римский национальный музей, Палаццо Массимо в Термах.
81. STATUA DI AFRODITE CON LA FIRMA DI MENOPHANTOS (inv. n. 75674).
Marmo greco a grana fine, a patina opaca e con tracce di leggera corrosione; h. max. cm. 184; con plinto cm. 187 (sulla fronte), cm. 193,5 (lateralmente).
La statua era rotta in due parti all’altezza della vita; furono anche riattaccate la testa, la gamba destra da sotto il ginocchio, i piedi, parte del mantello. Sotto il tallone sinistro manca un cuneo. Restauri: la punta del naso, parte del labro inferiore, una sezione del collo, le braccia dalla metà superiore, parte delle caviglie e dei piedi, un’ampia zona all’altezza del fianco sinistro, alcune pieghe del panneggio, la parte marginale del plinto.
Provenienza: Roma, presso la chiesa di S. Gregorio al Celio, poi a Palazzo Chigi (1760); rinvenuta nella vigna del marchese di Cornovaglia, cioè nell’area del c. d. Orto Botanico.
Statua di Afrodite raffigurata completamente nuda, stante sulla gamba sinistra mentre la destra è leggermente flessa e poggia solo sulle dita del piede, con il busto un po’ inclinato in avanti e la testa alquanto reclinata verso destra. Essa si copre il petto con la mano destra e con la sinistra regge davanti al pube un lembo dell’asciugamano frangiato che cade obliquamente alla figura, con pieghe tra loro parallele, su un cofanetto quadrangolare (contenente gioie o oggetti da toeletta) dai bordi rilevati, posto presso il piede sinistro della dea. Sulla sua unica faccia visibile l’artista ha inciso l’iscrizione: Ἀπὸ τῇς ἐν Τρωάδι Ἀφροδίτης Μηνόφαντος ἐποίει (dall’Afrodite che si trova nella Troade, Menophantos fece).
Il volto, dall’ovale regolare e dai tratti fini, presenta il mento arrotondato, le labbra leggermente socchiuse e accennanti un sorriso, occhi allungati, orecchi in parte nascosti dai capelli ricciuti, classicamente divisi sulla fronte in due bande con due riccioli per parte sulle tempie e che si distendono in morbide ciocche serpentine raccogliendosi sulla nuca in un nodo doppio.
Si tratta della replica di una statua di Afrodite che era situata nella Troade, come è possibile ricavare dall’iscrizione incisa sul fianco del cofanetto, unica firma in nostro possesso di un copista con l’indicazione del luogo ove si trovava l’originale. Il Loewy trascrivendo l’iscrizione pensò che l’opera fosse collocata nella città di Alessandria Troade (RE, I, 1, s. v. Alexandreia, col. 1396, n. 16: O. Hirschfeld) al tempo di Antigono e Lisimaco, cioè fra il 314 e il 284 a. C.; anche il Lippold (in RE, XV, 1, s. v. Menophantos, 2), il Cressedi e il Bernoulli (in bibl., p. 19 s.) riportano la stessa data ma nulla impedisce di credere che la statua fosse scolpita più tardi o anche per un’altra città.
La dea è rappresentata nello stesso atteggiamento della Venere Capitolina (Helbig, n. 1277: H. von Steuben) o della Venere dei Medici (Amelung, Florenz, n. 67) quest’ultima creata secondo il von Steuben in dipendenza della prima: entrambe le statue — così simili nell’atteggiamento che non sempre le copie si lasciano distinguere — si ricollegano a loro volta, per la completa nudità e il ritmo generale, all’Afrodite Cnidia di Prassitele che inizia la serie numerosa delle Afroditi nude care all’arte ellenistica e alla quale queste si rifanno in modo più o meno diretto (repliche della Cnidia sono anche alle Terme: una statua, vedi supra n. 56; un torso, vedi supra n. 57; una testa, vedi supra n. 67). Le due opere accentuano tuttavia, con il braccio che copre il seno, il motivo della pudicizia con un’intonazione più sensuale rispetto alla Cnidia e mostrano tra loro delle differenze nella resa del nudo, dalla struttura delicata, ma morbidamente carnosa, la Medici, di una monumentalità naturalistica e accademica la p.110 Capitolina, forse creata in qualche centro microasiatico del II sec. a. C.
Nel caso dell’opera in esame siamo di fronte a una particolare variante del copista Menophantos per il quale nell’archetipo la figura non era evidentemente abbastanza pudica poiché, mentre si ritrova la stessa ponderazione e la medesima attitudine delle due opere precedenti, qui il sentimento di pudore è accentuato dall’asciugamano con cui la dea si aiuta a nascondere la propria nudità, richiamandosi così più direttamente alla Cnidia. Inoltre la presenza dello scrigno costituisce una variante al soggetto, sebbene ciò crei una certa discordanza fra il motivo del panneggio e il cofanetto che si riferisce, se mai, ad un atto posteriore della toeletta di Afrodite. Comunque alcuni particolari, quali la posizione della mano sul seno, la struttura del nudo, l’armilla al braccio sinistro e soprattutto il tipo della testa richiamano la Venere Medici. In relazione con quest’opera pongono la statua di Menophantos il Bernoulli (in bibl., p. 19), la Richter che suppone un’esecuzione del I sec. a. C. e il Loewy, mentre a una variante pensano il von Steuben e il Lullies. A sua volta la Bieber la considera copia dell’Afrodite Capitolina e così, pur se in modo indiretto, l’Ashmole (B. Ashmole, A Catalogue of the Ancient Marbles at Ince Blundell Hall, Oxford 1929, n. 188, tav. 24); il Cressedi la ritiene una variante della statua del Campidoglio con l’aggiunta del panneggio e così il Lippold, che considera un rifacimento di tale Afrodite anche quella degli Uffizi, mentre il Blinkenberg si limita solo a considerarla un originale ellenistico. Per il Paribeni invece essa deriva direttamente dall’Afrodite Cnidia, mentre che Menophantos si sia basato su un originale ellenistico diverso da quello da cui derivano i tipi Capitolino e Medici è l’opinione della Felletti Maj (in bibl., pp. 34 e 56): essa, pur ritenendo identici a quelli della Capitolina le proporzioni, Patteggiamento (a parte il particolare dell’asciugamano) e la ponderazione della statua, e vedendo tra le due opere una grandissima affinità non solo d’insieme, ma anche nei particolari (ad esempio nel rendimento degli arti, dei piedi e delle mani), pur se qui l’anatomia è, rispetto alla Capitolina, meno attentamente studiata in qualche parte, è del parere che l’opera di Menophantos, che si è limitato a variare la testa e l’attributo, rappresenti un’altra variante che si colloca accanto al tipo del Campidoglio e che discende con questo da uno stesso archetipo del tardo IV sec. che la studiosa riconosce nel tipo Monaco (Felletti Maj, in bibl., p. 35 s., tav. XI, 1—
Alla testa di quest’ultimo si accosta quella delle Terme (che però secondo il Lippold e il Cressedi non è pertinente, sebbene si riscontri nelle varie repliche, e per il secondo studioso probabilmente non è neanche antica): anzitutto la pettinatura, che non è voluminosa come quella della Capitolina, ma raccolta, con due riccioletti sulle tempie e senza boccoli laterali, come la testa Monaco; sopra la fronte la disposizione delle ciocche formanti il nodo e la loro brevità ricordano invece molto il tipo Medici, anche se la rifinitezza con cui è reso ogni riccioletto rivela un linguaggio formale assai lontano da quello pittorico e luministico dell’Afrodite degli Uffizi. Il volto allungato ha la mascella meno pesante di quella della Capitolina e l’occhio è un po’ più aperto, ma lo sguardo e il suo sorriso, accennato fra le labbra semiaperte, rassomigliano molto per la loro vacuità. Questi ed altri elementi sarebbero inoltre per la studiosa indizi non di una copia da un modello, ma del perpetuarsi nelle successive rielaborazioni di alcune caratteristiche di un tipo.
Un’idea della testa si può avere anche da due copie, seppure incomplete, la prima di Ince Blundell Hall, (Ashmole, loc. cit.) nella quale però il nodo di capelli sulla testa è molto più evidente che qui, e la seconda nei Magazzini Vaticani (Kaschnitz, n. 268, tav. LVI), raffigurante una dama romana di età adrianea e considerata dallo studioso una variante del tipo Capitolino e il cui archetipo egli tende a vedere proprio nell’Afrodite della Troade. Abbastanza simili a quest’ultima per quanto riguarda il nodo posteriore sono anche la testa di un’Afrodite accovacciata (Kaschnitz, n. 282, tav. LVIII) e una da Minturno (Ashmole, op. cit., n. 120, tav. XV), sebbene il nodo sia raffigurato in modo più disordinato. Una replica dell’opera in questione al Louvre (Fröhner, Notice, n. 139), si presenta nello stesso atteggiamento di quella delle Terme, che appare comunque più slanciata, con solo delle differenze in alcuni particolari, mentre la testa si distacca sia per la struttura del volto che per la pettinatura, con il nodo sulla sommità molto accentuato. In ogni caso, sia che si tratti della replica derivante dai tipi Capitolino o Medici o da un terzo archetipo, il fatto che l’originale si trovasse nella Troade — e potrebbe essere stato eseguito proprio là o in Asia Minore (Felletti Maj) — regione non lontana da Cnido da dove proviene il prototipo delle statue di Afrodite nuda, contribuisce a porre il lavoro in contatto con l’opera prassitelica.
Per la datazione di tale statua l’elemento principale è costituito dall’iscrizione, che, in base ai criteri paleografici, è databile al I sec. a. C. A tale collocazione cronologica contribuiscono anche un’attenta diligenza formale e una fredda eleganza, il disegno p.111 schematico del panneggio e il modo innaturale in cui esso cade (che per il von Steuben fanno pensare a una redazione della Cnidia di età imperiale) e il fatto che il copista abbia preso a modello un’opera non proprio notevole ma cara al gusto romano del tempo.
Bibliografia: N. Foggini, Del Museo Capitolino, IV, Roma 1782, p. 392, tav. fuori testo; R. Venuti, Accurata e succita descrizione topografica delle antichità di Roma,3 I, Roma 1824, p. 255;
Neg.: DAI 76. 1992 — 76. 1993.
Данные: музейная аннотация.
© 1979 г. Описание: Museo Nazionale Romano. Le Sculture. I, 1. De Luca Editore. Roma, 1979, pp. 109—111, cat. no. 81.