Ganymede and the eagle
Marble. Roman copy of the 2nd century after a bronze original by Leochares of the 4th century BCE. Inv. No. 2445.Rome, Vatican Museums, Pius-Clementine Museum, Gallery of the Candelabra, II. 83Photo by Sergey Sosnovskiy

Ganymede and the eagle.

Marble. Roman copy of the 2nd century after a bronze original by Leochares of the 4th century BCE.
Inv. No. 2445.

Rome, Vatican Museums, Pius-Clementine Museum, Gallery of the Candelabra, II. 83
(Roma, Musei Vaticani, Museo Pio-Clementino, Galleria dei candelabri, II. 83).

Description:
Pliny (Nat. Hist. XXXIV, 79) refers to a bronze group, by Leochares, portraying Ganymede being carried off by the eagle sent by Zeus. He remarks that the eagle, tenderly grasping the young man by his clothes so as not to harm him, seems well aware of the identity of both the abducted and the abductor. The grandiose, mid-4th century B.C. work by Leochares here appears as the ornamental motif of what was once a table leg, the work of Roman copyists of the 2nd century A.D.

Italiano GC II 83. Gruppo di Ganimede con l’aquila (fig. 20)

Era nella raccolta dello scultore Vincenzo Pacetti e da questi fu venduto ai Musei tra il 1787 ed il 1790; nel 1785 vennero fatti dei piccoli restauri dal Franzoni, nel 1786 dal Pacetti e nel 1922 da Guido Galli. Del gruppo sono antichi solo il torso di Ganimede e gli artigli, il torso ed il collo dell’aquila, insieme a gran parte del tronchetto, mentre la testa di Ganimede è antica ma non pertinente; il resto è frutto delle integrazioni del Pacetti. Proprio le forti integrazioni producono un p.174 lavoro un po’ lezioso e non sempre vicino al presumibile modello originario: Ganimede, il pastore giovane e bellissimo di cui Zeus si innamorò, è qui nudo, vestito della sola clamide lasciata dietro la schiena; in mano ha il pedum ed accanto è il suo cane. La postura del giovane assume una posa elegantemente slanciata verso l’alto ed ardita nel suo leggero avvitamento; su di lui incombe gigantesca l’aquila — emanazione di Zeus o Zeus stesso trasformato nel rapace — che lo ghermisce e solleva per portarlo sull’Olimpo, ove diverrà il coppiere degli dei. Il rapimento di Ganimede da parte dell’aquila è qui visto in maniera innovativa, rileggendo nelle funzioni di trapezoforo — come suggerisce l’enorme tronco alle spalle dell’aquila e del giovane — un noto capolavoro bronzeo di Leochares, della seconda metà del IV sec. a. C. Il lavoro è stato datato nella tarda età antonina, in considerazione della cronologia della testa intorno al 170—180 d. C., ma, come si è già accennato, questa non è pertinente. La testa è appunto caratterizzata da una capigliatura a calotta, stretta da una benda, al di sotto della quale si compone in una gran massa di ricci, ed il volto presenta i tratti ideali, secondo un impianto stilistico derivato dalla primissima arte classica greca. Tra il capo e le spalle vi è un raccordo marmoreo moderno e la testa applicata non presenta il berretto frigio che caratterizza solitamente Ganimede; questa poteva ipoteticamente appartenere ad un grande sarcofago di età antonina e forse raffigurare un volto apollineo (si avvicina infatti al modello dell’Apollo tipo Kassel). Per quanto riguarda il resto della scultura antica (il trapezoforo originario), essa si può solo genericamente assegnare al corso del II sec. d. C., probabilmente (per la morbidezza dei chiaroscuri) alla prima metà.

Inv. 2445;
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Giandomenico Spinola (2004)
Credits:
(сс) 2005. Photo: Sergey Sosnovskiy (CC BY-SA 4.0).
© 1986. Text: Guide to the Vatican: Museums and City. Pontifical Monuments, Museums and Galleries. Tipografia Vaticana, p. 67.
© 2004. Description: Giandomenico Spinola. Guide cataloghi Musei Vaticani, 5. Il Museo Pio Clementino, 3. Città del Vaticano, Roma, 2004, pp. 173-175, cat. no. GC II. 83.
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