34. BUSTO CON TESTA DI IGNOTO (e. d. CICERONE) (inv. 1914, n. 393).
Marmo greco: alt. m. 0,40.
Sono di restauro moderno: il naso, la parte sporgente dei padiglioni delle orecchie, tasselli intorno alla frattura del collo e sotto l’orecchio sinistro, stuccature nelle parti scheggiate. La superficie è stata ripulita. Nel busto antico e pertinente è di restauro una piccola parte del margine inferiore sinistro. Supporto in broccatello con iscrizione nel plinto M. T. / CICERO.
Una notizia del 1848 (AG, LXXII, 1) si riferisce all’acquisto dalla collezione di Stefano Frugoni, per la somma di 300 francesconi, di un busto di «Caio Mario» che A. M. Migliarini ritenne invece rappresentasse Corbulone, ma non si tratta di questo busto, nè del n. 80, entrambi essendo già da prima in Galleria; J. Bernoulli riferisce un passo di J. G. Kryszler (Reise, I, p. 354) secondo cui un ritratto di Cicerone con il porro sulla guancia era in Galleria nel 1729 (cfr. anche D., p. XX) e pensa che potesse trattarsi di questo busto, per quanto vi manchi la caratteristica notata; forse il passo in questione si riferisce invece al n. 80. Questo busto era nel sec. XIX nella Sala delle Scuole Veneta e Lombarda, di recente fu passato per breve tempo nella Sala XVI, poi nel III Corridoio dove è tuttora.
È la più nota e la migliore delle due repliche di Galleria in rapporto alla conservazione dei caratteri originari. F. Poulsen ha ritenuto che il busto convenga all’età di Nerone, lo stile a quella di Tiberio. Un rilievo dell’Amadeo nella Certosa di Pavia riproduce come ritratto di Cicerone il profilo di questo tipo (Jucker); l’identificazione sopra discussa risale quindi all’erudizione umanistica. Il ritratto esemplificato in questa copia di Firenze è concepito con un fondamento indubbiamente realistico, per il rendimento dei tratti individuali, ma la coerenza strutturale e la disciplina formale rivelano l’influsso della corrente classicistica di origine attica. I capelli resi a rilievo bassissimo si distinguono solo per valore di tono e non alterano la struttura volumetrica della testa. Anche la torsione laterale dipende da un’acquisizione di cultura ma da un altro filone ellenistico, che attraverso il barocco risale a Lisippo. Questo eclettismo è un tratto distintivo dell’epoca in cui con ogni probabilità si deve ritenere creato l’originale. H. Jucker lo data al 30 a. C.
Bibl.: D. 543; Bernoulli, RIk, I, p. 141; ABr, 299—300; Hekler, 144; Studniczka, Fest Wölfflin, pp. 149 e 151; tav. O, fig. 12; West, I, p. 61, tav. XIII, fig. 51; Zàdoks, AncPortr, tav. XIX a; Vessberg, Studien, pp. 235 e segg.; tav. LXXXI, 3—4; Mustilli, p. 107; Schweitzer, BKRep, p. 39; Buschor, HellB, pp. 53, 54, 61; NyCSculpt, p. 399, n. 571; Poulsen, MellGlypt, pp. 37—39, fig. 49; Carducci, n. 20, fig. 10; Jucker, n. 21; Mansuelli, ScantUff, tav. XVI; Mansuelli, Aamod, 6, 1959, p. 137 nota.
Fot.: Alinari 1253; ABr cit.; Sopr. Gall. 15483, 15484.
La collezione degli Uffìzi possiede due repliche fra loro diverse di questo ritratto, del quale esiste un numero rilevante di altre repliche con varianti. Il nome di Corbulone è stato proposto da E. Q. Visconti (MonGab, p. 27, n. 6; MusPioClem, tav. LXI; IcR, p. 288, n. 3) in considerazione del fatto che l’esemplare oggi al Louvre, proveniente da Gabi, fu trovato insieme con un’iscrizione onoraria per Domizia Longina, moglie dell’imperatore Domiziano. Un errore diffuso, come ha notato giustamente D. Mustilli, è stato di aver considerato tutti insieme i ritratti «tipo Corbulone» (cfr. anche Bernoulli, cit. infra e Marconi, BdA, XXIX, 1935—1936, p. 300) come quelli di un unico personaggio; questo fatto ha aggravato senza dubbio il problema dell’identificazione, che può non p.47 essere unitariamente proposto. L’esemplare capitolino (Jones, Cap, p. 327 Filosofi 48; Helbig, F, n. 826) era stato inizialmente battezzato «Bruto minore». Il tipo è stato considerato unitariamente da Bernoulli, ma già D. aveva escluso che la testa di Firenze n. 543 potesse rappresentare Cicerone. Hekler ha ritenuto questo un ritratto d’ignoto contestando l’attribuzione a Corbulone, e su questa linea si sono tenuti B. Schweitzer, F. Poulsen in due studi successivi, ed O. Vessberg. R. West ha ripreso l’identificazione con Cicerone, in maniera inspiegabile dato che come Cicerone accetta anche il tipo di cui al n. 33 di questo catalogo, che non è diverso soltanto stilisticamente. All’attribuzione a Corbulone è tornato invece, come si è detto, D. Mustilli. Il problema dell’identificazione è strettamente connesso con quello della cronologia, che non può scindersi dalla collezione delle repliche. Anche su questo punto la discussione è ancora lungi dall’esser chiusa. Gli studi più recenti sulla ritrattistica repubblicana hanno quasi concordemente riferito il «Corbulone» al I secolo a. C. E. Buschor ha pensato ad opera megalogreca, possibilmente identica con le varianti imperiali del «Corbulone» (HellB, p. 54) e con il poeta del mosaico di Hadrumetum (la quale ultima ipotesi è piuttosto discutibile) e riferibile al 25—20 a. C. fra una testa di Rodi a Londra e l’Augusto di Prima Porta. Press’a poco coincidente è la datazione di B. Schweitzer al 30—20 a. C. per una serie di repliche fra cui l’esemplare capitolino e quello del Louvre, mentre la seconda serie, cui ha ascritto il ritratto di Firenze n. 80 e quello Ny Carlsberg 571, dallo stesso studioso è assegnata all’età augustea. In precedenza A. Hekler aveva datato nel periodo tardo repubblicano questo degli Uffizi e il busto di Napoli (Hekler, 146 b; la forma del busto è tarda e la testa presenta notevoli divergenze rispetto al tipo Uffizi-Ny Carlsberg 571); questo ultimo si ricollega all’esemplare Torlonia (MusTorlonia, 135; Poulsen, PrIk, p. 20, figg. 40—42) che F. Poulsen ha ritenuto in un primo tempo rappresentare «un puro romano della buona società» e ha datato ai tempi di Siila, dubitando però in un secondo momento (Poulsen, NyC, 571) dell’autenticità. Invece lo stesso Hekler ha collocato fra Nerone e i Flavi il «Corbulone» da Gabi al Louvre, la replica capitolina e l’ignoto del Laterano (Giuliano, LateranoRitr, 16) che è molto affine. Su questa data ha concordato D. Mustilli per l’esemplare del Museo Nuovo dei Conservatori, che è certamente la stessa persona. Fra le due serie esistono delle diversità notevoli: dal punto di vista stilistico il rendimento asciutto e severo della prima serie contrasta con quello assai più ricco della seconda; inoltre sono diversi alcuni salienti tratti fisionomici: nella seconda serie (tipo Capitolino- Louvre-Conservatori) la bocca è chiusa col labbro inferiore che sopravanza il superiore in un’espressione quasi sdegnosa, il mento è più largo, gli zigomi sono meno sporgenti. Si riporta a parte il giudizio piuttosto incongruente di R. West, per cui il «Cicerone» tipo Uffizi-Ny Carlsberg risente ancora della tradizione della maschera funebre e segna il trapasso dal realismo repubblicano al ritratto cesariano; il ritratto è ancora una vera maschera funebre, dal cui vincolo però l’artista si va staccando. Come tutto ciò si concili con l’attribuzione a Cicerone non si riesce a capire. La data è stata anticipata dalla Zàdoks-Jitta al 50—40 a. C. L’analisi più puntuale è quella di O. Vessberg, che ritiene il tipo Uffizi-Ny Carlsberg 571 una delle grandi opere dell’antica arte romana del ritratto. Dopo avere accennato alla fortuna che il ritratto stesso potè avere nel Rinascimento, servendo di base per la costruzione di pseudoantichi, esclude giustamente la derivazione dalla maschera funebre e riferisce il tipo al 50—20 a. C. La tesi della derivazione dalla maschera cade d’altra parte da sè solo che si consideri la intonazione patetica che discende dai ritratti dell’ellenismo di mezzo. Come nel Cicerone n. 33, ma in termini molto diversi, il Korbuloartige Kopf (Bernoulli) rappresenta un aspetto del collimare della tradizione romana p.48 del realismo analitico con quella ellenistica dell’interpretazione psicologica. E l’opera si pone come uno dei più notevoli punti di riferimento dello sviluppo storico del ritratto di ambiente romano, con termini tali da autorizzare l’ipotesi (Buschor) di una mano mega- logreca. Ciò è del resto del tutto possibile, ma il greco, autore dell’archetipo, potè anche essere di altra provenienza, se l’esperienza megalogreca si assommava nell’esteriorità decorativa dei pasitelici. Potrebbe esser stato un artista rodio, almeno di educazione, ed a tal proposito è istruttivo il confronto con la testa rodia di Londra (Buschor, HellB, fig. 55). I caratteri del tipo Uffizi-Ny Carlsberg non possono portare a data gran che diversa; non molto lontano, ma piuttosto posteriore che anteriore dovrebb’essere il tipo Napoli-Torlonia, che non ha del tipo Uffizi-Ny Carlsberg la forte creatività e la potente ricostruzione della personalità. Quanto al tipo Capitolino-Louvre-Conservatori neppur esso può spostarsi dalla cronologia più largamente accettata. Certo il personaggio dovette essere abbastanza noto, ma non è possibile che l’una e l’altra serie presentino il ritratto della stessa persona in edizioni ripetute. Il tipo Uffizi-Ny Calrsberg 571 è destinato pertanto a rimanere un «ignoto romano» ma anche la innegabile somiglianza fisionomica ha pure il suo peso e propone una soluzione duplice, che può essere avanzata specialmente dopo lo studio di B. Schweitzer sul problema di originale e copia del ritratto repubblicano. L’analogia fisionomica potrebbe quindi imputarsi alla ripresa, a distanza di oltre un secolo, caso del resto non isolato, del ritratto di un antenato famoso; questo ritratto, anche se basato su di una documentazione iconografica diretta, potrebbe esser stato rielaborato dallo scultore dell’età neroniana o protoflavia con una certa libertà che potrebbe esser andata un po’ oltre il semplice mutamento di stile. Oppure i due tipi rappresentano veramente due personaggi diversi, ma della stessa linea familiare, ed in questo caso il ritratto del membro più recente potrebbe esser stato morfologicamente influenzato da quello dell’antenato, che proiettava all’indietro nel tempo, nell’età repubblicana ancora venerata e rimpianta, il prestigio e la tradizione della famiglia. E non è affatto escluso che il ragionamento del Visconti sia giusto, in base alle risultanze di scavo, e che il tipo più recente rappresenti veramente Domizio Corbulone; in tal caso il ritratto potrebb’essere il risultato della pietas della figlia Domizia, desiderosa di rivalutarne la memoria. Una recente ipotesi è stata avanzata con l’attribuzione ad Orazio (Schmidt). Cfr. più sotto n. 80.
Bibl.: (generale): Visconti, MonGab, p. 27, n. 6; Visconti, MusPioClem, tav. LXI; Visconti, IcR, pp. 288, n. 3; Bernoulli, RIk, I, pp. 271 e segg.; ABr, 296—297; Poulsen, PrIK, p. 20; Sieweking, Mjahrbk, XII, 1937, p. 180; Caskey, MFA, p. 199; n. 115; Marconi, BdA, XXIX, 1935, p. 297; Poulsen, ActaArch, XII, 1941, p. 3; Vessberg, Studien, pp. 236 e segg.; Poulsen, ActaArch., XIII, 1942, p. 196; Schweitzer, BKRep, p. 39; Buschor, HellB, pp. 43, 54; NyCSculpt, p. 399; Mustilli, p. 107; Schmidt, 103 BerlWPrgr.