Gladiator’s victories
Two fragments of a marble relief.
3rd century CE.
Inv. Nos. 125832 / 125833.Rome, Roman National Museum, Baths of DiocletianPhoto by Ilya Shurygin

Gladiator’s victories.

Two fragments of a marble relief.
3rd century CE.
Inv. Nos. 125832 / 125833.

Rome, Roman National Museum, Baths of Diocletian
(Roma, Museo nazionale romano, Terme di Diocleziano).

Rome, Via Appia.
Origin:
Rome, via Appia by the mausoleum of Caecilia Metella.
Description:
Some fragments of a commemorative relief of an unknown gladiator’s ventures (contraretiarius), portrayed in several fights (pugnae) with his adversaries retiarii (gladiators who used net and trident). The inscription indicates the number of the fights won (I, XI, XII) and the beaten gladiator’s names: Improbus, Pantheriscus и Ilarus.

Italiano III. 25. RILIEVO CON GLADIATORI (inv. n. 125833).

Marmo bianco a grana fine; h. max. cm. 84; l. max. cm. 83; spess. cm. 12.
Si conserva intatto il bordo inferiore e il lato destro fino all’altezza del listello nel mezzo, frammentari gli altri due lati. E’ molto corroso e presenta, oltre alle fratture, diverse scheggiature specie nelle gambe e nelle braccia dei personaggi. A destra si conserva un foro per grappa, infatti la scena doveva continuare su un’altra lastra.

Provenienza: Roma, dalla Via Appia. Inserito nel muro attinente al sepolcro di Cecilia Metella, fra la collezione di frammenti ed epigrafi provenienti dai monumenti vicini (1951).

Il rilievo ci conserva scene gladiatorie disposte su due zone sovrapposte. In quella inferiore, che è la meglio conservata, vediamo dalla estremità sinistra parte di un braccio che impugna uno scudo di forma rettangolare e concava. Segue un gladiatore attribuibile alla classe dei secutori (per l’identificazione del secutor si veda inv. n. 125598 = supra n. 24) vestito con subligaculum tenuto dal balteus, ocrea alla gamba sinistra formata da una placca rettangolare tenuta da nastri; ha l’omero protetto e fasce al braccio destro, sul capo reca un elmo di forma compatta, con bassa cresta e solo due fori per gli occhi. Con la mano destra impugna la corta spada, con la sinistra tiene basso lo scudo di forma simile a quello del personaggio precedente. Alla sua destra è il gladiatore da lui vinto appartenente alla classe dei reziari. Indossa anch’egli il subligaculum tenuto da alto balteus e un galerus di forma molto lunga che gli protegge oltre la spalla sinistra anche il volto completamente scoperto. Alle gambe porta delle fasce all’altezza della caviglia e del ginocchio, ma sia gambe che braccia sono così rovinate che i dettagli si leggono con difficoltà. E’ in atteggiamento rilassato, di resa, mentre attende il verdetto della folla che lo acclamerà morto o liberato. All’estremità destra della scena è un altro reziario rivolto verso destra, mutilo delle braccia, simile al precedente; p.223 dietro la sua gamba si vede l’asta di un tridente. Nella zona superiore si conserva solo l’inizio di un’altra lotta con gambe e braccia non ben identificabili. Tuttavia sembra di riconoscere da sinistra la gamba destra di un secutor per l’ocrea simile a quella del personaggio che ricorre nella scena inferiore, e che doveva essere rivolto a sinistra; poi parte di un reziario inginocchiato con la spada impugnata a sinistra e il tridente a terra con la punta verso il basso; poi evidentemente le gambe del vincitore di questo duello, dietro le quali se ne intravede un’altra che sembra per confronti appartenere ad un secutor.

In base ad un confronto di cui si tratterà oltre, potremmo anche identificare in uno di questi personaggi la figura di un arbitro, dal momento che sarebbe anche difficile pensare a due vincitori vicini (il secutor è sempre il vincitore su questo rilievo). Sul listello di separazione è l’iscrizione per cui si rimanda alla parte epigrafica.

Questo frammento faceva sicuramente parte dello stesso fregio a cui appartenevano la lastra conservata sempre nel Chiostro del Museo inv. n. 125832 = infra n. 26, e un pezzo di cui si è perduta ogni traccia, già presso il sig. Mogliozzi in via della Maschera d’Oro n. 20, pubblicato da E. Caetani Lovatelli (in Strena Helbigiana, cit. in bibl., p. 174, fig. 1, di cui si fornisce un fotomontaggio). Si tratta di un frammento con rilievo in due registri sovrapposti separati da un listello su cui è l’iscrizione: XIII. Resta un gladiatore rappresentato quasi di spalle, in tutto identico al secutor vincitore della lastra in esame, con lo scudo proteso e il braccio destro portato indietro per colpire, un braccio probabilmente del vinto e ancora un braccio proteso verso il secutor con il dito indice teso. Come giustamente considera la Caetani Lovatelli (op. cit.) si tratta per il primo di un reziario vinto, riconoscibile dalle fasce intorno al braccio e dal tridente caduto in terra, oltre che per essere consueto avversario del secutor. Meno sicura è l’identificazione nella figura dell’altro, del mediatore, o lanista, che a volte interveniva nel duello, ma sarebbe difficilmente spiegabile diversamente il suo gesto del braccio alzato. La cosa che appare più interessante è l’attacco di questo frammento con la nostra lastra, che risulta abbastanza evidente nel fotomontaggio, ma non è più possibile accertarlo direttamente. Oltre ancora alla identità della zona inferiore figurata in ambedue gli esemplari e lo spessore dei listelli che limitano questa, possiamo riscontrare un accostamento dell’avambraccio sul frammento disperso con quello che resta sulla lastra e ancora l’accostamento della punta del tridente a terra in quello, con l’asta dietro le gambe del gladiatore in questa. L’insieme di questi elementi induce a credere che sia certa la continuità della scena in questi due esemplari, anche se nella lastra del Museo Nazionale Romano nessuna traccia resta visibile del reziario vinto di cui riconosciamo il braccio nell’altro frammento. E’ comunque probabile che questo fosse nascosto dalla figura all’estremità destra. Per quanto riguarda la destinazione di questa lastra in un monumento funerario dedicato ad un gladiatore, per la sua datazione e le altre osservazioni si rimanda infra alla scheda n. 26 = inv. n. 125832.


Bibliografia: E. Caetani Lovatelli, in BCom, XXIII, 1895, p. 263; Ead., in Strena Helbigiana, Leipzig 1900, p. 174, fig. 2-3; D. Faccenna, in BCom, LXXIII, 1949-50, App. 10, p. 13, fig. 3; Helbig, n. 2413, b 1-2: E. Simon; L. Rocchetti, in RIASA, LXXIII, n.s. 10, 1961, p. 106; Aurigemma, n. 417; G. Pisani Sartorio — R. Calza, La Villa di Massenzio sulla via Appia, Roma 1976, p. 181, tav. XV.

Neg.: AFS 4655 E; 10106 I.

Rita Paris

Iscrizione frammentaria e corrosa; lettere cm. 3.

Nel listello intermedio si legge:

(pugna) XI (vicit) Pantheriscum (pugna) XII (vicit) Hilaru[m---]

Il secutor, del quale vengono ricordate le varie vittorie (cfr. anche infra n. 26 = inv. n. 125832), risulta qui vincitore, al suo undicesimo combattimento, sul reziario Pantheriscus e, al combattimento successivo, è vittorioso su Hilarus.

L’iscrizione risulta molto abrasa e consunta, tanto che i primi editori del CIL, VI (ad n. 10207a) lessero stentatamente ed erroneamente: (theta nigrum) nantheiuscum XI p.224 poi la lettura fu giustamente corretta negli Addenda (CIL, VI, 33980 b) e la foto permette ancora oggi una lettura alquanto certa. Per l’interpretazione, ricostruzione e datazione dell’epigrafe vedi infra quanto detto nel commento epigrafico della scheda n. 26 = inv. n. 125832.

Bibliografìa: CIL, VI, 10207 a = 33980 b.

Patrizia Sabbatini Tumolesi

III. 26. RILIEVO CON GLADIATORI (inv. n. 125832).

Marmo bianco a grana fine; h. max. cm. 95; l. max. cm. 65; spess. cm. 2.
Resta poco più della metà della lastra; il lato sinistro è quasi intatto, quello superiore è mancante di quasi tutto il bordo, a destra la frattura è dal listello in giù in senso diagonale verso sinistra. Sul bordo sinistro e sul lato destro è un foro per grappe. La superficie presenta incrostazioni.

Provenienza: Roma, dalla Via Appia. Inserito nel muro attinente al sepolcro di Cecilia Metella, fra la collezione di frammenti e iscrizioni provenienti dai monumenti vicini (1951).

Il rilievo ci conserva alcuni momenti di lotte gladiatorie. Da quello che resta, la rappresentazione risulta disposta in due zone sovrapposte e sembra improbabile che potessero essere più di due. Nella zona superiore quasi completa, tranne per il bordo in alto, da sinistra è un gladiatore che si muove verso destra. Indossa il subligaculum tenuto da alto balteus, ha solo l’omero protetto e due fasce all’altezza del gomito e del polso nel braccio destro. Alla gamba sinistra porta un’ocrea formata da una placca rettangolare tenuta da nastri, alla destra un particolare gambale che arriva fino al polpaccio e una fascia al ginocchio. Il capo è coperto da un elmo di forma semplice che si appoggia appena sul petto, con una piccola cresta e i fori per gli occhi. Con la destra impugna una corta spada, con la sinistra tiene il grande scudo concavo di forma rettangolare. Ai suoi piedi è steso il suo avversario vinto, appoggiandosi in terra con il gomito sinistro rivolgendo il viso verso l’alto e alzando l’altro braccio. Indossa anche egli il subligaculum, sorretto dal balteus, un galerus tenuto da una fascia che passa per il fianco destro, di forma lunga (longus galerus), tanto da proteggergli il volto, e sembra avere il braccio sinistro protetto da una manica e il polso destro da una fascia. Questo gladiatore è conservato fino all’inizio della coscia, infatti a questo punto si interrompe il rilievo che doveva continuare su un’altra lastra unita a questa attraverso grappe metalliche.

Si tratta di un combattimento tra reziario, cioè il vinto, facilmente riconoscibile per la caratteristica armatura ed il capo scoperto e il controreziario o secutor, come si voglia chiamare questo avversario del reziario (per l’identificazione di questo gladiatore e la sua attribuzione ad una categoria si veda supra n. 24 = inv. n. 125598). All’estremità destra si conservano la gamba sinistra e il braccio destro di un personaggio con le stesse caratteristiche del secutor della azione precedente, che sembra essere nella stessa posizione con la spada impugnata. Questa prima fascia di rappresentazioni è limitata in basso da un listello sul quale è l’iscrizione per cui si rimanda alla parte epigrafica. Se scendiamo nella fascia sottostante ritroviamo parte dello stesso gladiatore conservato fino ai fianchi con l’arma impugnata a destra e lo scudo sollevato con la sinistra. Questo rilievo ci conserva dunque la prima di una serie di lastre dove si succedono i vari combattimenti in cui il protagonista ha riportato la vittoria. Con certezza possiamo affermare che si tratta di un frammento appartenente allo stesso fregio del n. inv. 125833 = vedi supra n. 25, con la stessa provenienza, e di un pezzo, ora scomparso, pubblicato da E. Caetani Lovatelli, in Strena Helbigiana, Leipzig 1900, p. 174, fig. 1, per una serie di analogie: il tipo di marmo, le dimensioni delle lastre conoscibili dalle zone figurate che si sono conservate, sia il gladiatore vincente che ricorre sempre identico in ogni azione, sia i vinti reziari con il loro particolare galerus, sia infine i caratteri dell’iscrizione. Da questi tre frammenti possiamo avere l’idea della grandezza di questo fregio e conseguentemente del monumento.

Possiamo accostare il nostro esemplare, fra gli altri, ad uno del Museo Capitolino (Faccenna, in bibl., p. 12, nota 35), per il fatto che si tratta anche qui sempre dello stesso vincitore nelle diverse azioni e per il modo di segnare il nome del vinto con accanto il numero del combattimento.

Questa lastra dunque doveva far parte del monumento funerario del gladiatore, un secutor, che qui ricorre. In un recente lavoro relativo alla Villa di Massenzio (R. Calza, in bibl.) sono stati presi in considerazione questo e gli altri pezzi come provenienti dal vicino Circo di Massenzio, datati quindi all’inizio del IV sec.

Oltre al fatto che sembra impossibile spostare così avanti la datazione di queste lastre, in accordo anche con i risultati epigrafici, ritengo che possa essere più probabile la loro attribuzione ad un monumento funerario proprio per lo scopo di esaltazione di un unico personaggio e per l’omissione del suo nome che evidentemente doveva p.225 essere segnato con maggiore risalto altrove. Per l’uso del trapano, il modo di rendere i capelli nella figura del gladiatore a terra, possiamo senz’altro datarlo al III sec. d.C. Per l’origine, il carattere, la diffusione dei munera gladiatoria si veda la scheda inv. n. 12619 = infra n. 27.

Bibliografìa: E. Caetani Lovatelli, in BCom, XXIII, 1895, p. 263; D. Faccenna, in BCom, LXXIII. 1949-50, p. 12, fig. 2; L. Rocchetti, in RIASA, n.s. 10, LXXIII, 1961, p. 106; Helbig, n. 2413 b: E. Simon; Aurigemma, n. 417; G. Pisani Sartorio — R. Calza, La Villa di Massenzio sulla via Appia, Roma 1976, p. 181, tav. XV.

Neg: AFS 4655 E.

Rita Paris

Iscrizione frammentaria; lettere cm. 3.

Nel listello divisorio si legge:

(pugna) I (vicit) Improbum

Nell’iscrizione è espresso all’accusativo il nome del reziario: Improbus, sconfitto dal secutor forse alla sua prima battaglia (pugna prima). Questo rilievo infatti insieme ad altri due non combacianti (cfr. inv. n. 125833 = supra n. 25), e il frammentino andato perduto di cui parla e pubblica la foto la Caetani Lovatelli (in bibl.), ma sicuramente pertinenti allo stesso monumento, è stato interpretato come riferibile alla decorazione del sepolcro di un famoso secutor, quello che, non mai nominato, ricorre però sempre vittorioso nelle tre raffigurazioni, in una successione di pugnae che appare altrove continua (pugna XI e pugna XII in inv. n. 125833, e pugna XIII nel frammento andato perduto) e che in questo nostro pezzo si riferirebbe alla sua prima vittoria. Si è d’accordo in linea di massima con questa interpretazione, avvalorata oltre tutto anche dall’analisi archeologica.

Circa la datazione di questo documento non ci è di grande aiuto l’analisi epigrafica, in quanto la tipologia di queste iscrizioni si protrae costante ed omogenea nel corso dei secoli, limitandosi sempre ad annotare le, pugnae del gladiatore e il nome, generalmente servile, degli avversari vinti. Tuttavia la paleografia dell’epigrafe non sembra dar ragione ad una datazione di IV sec. d.C., come proposto da G. Pisani e R. Calza (in bibl.), ma piuttosto di III sec. d.C. (ben diverso è ad esempio il ductus dell’iscrizione gladiatoria inv. n. 125598 = supra n. 24, sicuramente databile al IV sec. d.C.).

Bibliografia: CIL, VI, 10207 b = 33980 a.

Patrizia Sabbatini Tumolesi
Credits:
© 2012. Photo: Ilya Shurygin.
Data: museum annotation.
© 1981. Description: Museo Nazionale Romano. Le Sculture. I, 2. De Luca Editore, Roma, 1981, pp. 222-225, cat. no. III. 25-26.
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