Height 57 cm. Inv. No. 5.Venice, National Archaeological MuseumPhoto by Ilya Shurygin
Trajan.
Height 57 cm.
Venice, National Archaeological Museum
(Venezia, Museo archeologico nazionale).
36. Busto di Traiano (inv. n. 5).
Marmo italico: alt. totale m. 0,57; dal mento all’apice del capo m. 0,25.
Salvo uno stretto listello di restauro alla base del busto e qualche scheggiatura sulle pieghe del manto, sul lato sinistro della capigliatura e all’orecchio sinistro, la conservazione è perfetta.
Proviene dal legato Grimani del 1586. Si conserva nella sala IX del Museo.
Il Dütschke, il Bernoulli e la Forlati Tamaro hanno ritenuto antico questo interessante busto di Traiano; l’Arndt e l’Anti hanno invece avanzato qualche dubbio, mentre il Wegner e il Gross l’hanno considerato addirittura una falsificazione rinascimentale. Vero è che le incertezze sulla sua autenticità non convincono appieno e lasciano alquanto perplessi quando ci si trovi direttamente davanti a questo eccezionale lavoro.
Non v’ha dubbio che il trattamento dei capelli a «nervature di foglia» manifesta una sopralavorazione posteriore, ma questa, a mio avviso, pare un indizio (ed è l’unico avanzato) tutt’altro che determinante circa la pseudoantichità del pezzo in questione, che invece rientra superbamente nel gruppo dei ritratti ufficiali dei Decennali e trova stringenti confronti sia iconografici, sia tecnico-stilistici, soprattutto con i busti conservati rispettivamente al British Museum (cfr. Smith, Cat., III, p. 155 s., n. 1893; Gross, Traian, pp. 85 s., 127 s., n. 30, tav. 15 a), al Capitolino (Stuart Jones, Mus. Cap., p. 105, n. 30, tav. 28; Gross, op. cit., p. 86 ss., tav. 15 b) e al Museo Vaticano (Amelung, Vat. Kat., I, p. 68 s., n. 48, tav. 6; Idem, op. cit., II, p. 481 s., n. 282, tav. 64; Gross, op. cit., p. 87, tav. 19 a, b), che tutti peraltro supera per eccellenza tecnica e validità formale.
Il volto del Traiano Grimani mostra un realismo, in cui giocano con fine gusto pittorico i termini del passato illusionismo flavio, che, pur ancora sentito, viene in parte superato da un plasticismo idealizzante, ottenendo un armonioso equilibrio fra i valori «ottici» e i valori «tattili», per continuare a dirla col Riegl. La luce, che investe le superfici piane quasi sfumandole, nobilita il modellato, conferendo all’effigie un’espressione che fa trasparire con puntuale precisione le peculiari caratteristiche umane e spirituali dell’imperatore, la «sanctitas domi» e la «in armis fortitudo», al cui risultato contribuiscono efficacemente e la torsione del capo con lo sguardo volto verso destra e le ombre concentrate nelle occhiaie, fra le labbra e nei solchi naso-labiali. È talmente elevato e suggestivo il dialogo tra forma e contenuto che bisogna o ammettere che lo scultore rinascimentale fosse un artista di primissimo piano e di eccezionale sensibilità per le visioni artistiche romane, o avvalorare l’ipotesi che questo busto, che meriterebbe maggiore attenzione e studio, sia antico, anche se parzialmente rilavorato, specie nell’acconciatura.
Bibl.: Zanetti, I, 18; Valentinelli, p. 72, n. 118; Dütschke, p. 67, n. 182; Bernoulli, II, 2, p. 80, n. 38; Arndt-Bruckmann, n. 739; Pellegrini, n. 55; Anti, p. 120, n. 23, fig. a p. 119; M. Wegner, in Bericht über den VI Internat. Kongress für Archäologie, Berlin 1939, p. 147; Gross, Traian, p. 134, col. ia, m; Forlati Tamaro, p. 22, IX, n. 13, fig. a p. 64, 2.
Fot.: Museo, 138, 1692, 1863.
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