312—315. Inv. No. S 757 (head), S 784 (part of the right arm), S 789 (right hand), S 791 (right knee).Rome, Capitoline Museums, Palazzo dei Conservatori, CourtyardPhoto by Sergey Sosnovskiy
Parts of the colossus of Constantine.
312—315.
Rome, Capitoline Museums, Palazzo dei Conservatori, Courtyard
(Roma, Musei capitolini, Palazzo dei Conservatori, Cortile).
L’acrolito marmoreo colossale dalla basilica Nova25
La testa colossale (Musei Capitolini, inv. 757)26 (figg. 2—
La gamba sinistra è portata indietro e il piede poggia solo sulle dita, ha il tallone sollevato ed è sostenuto da un saliente, lavorato nello stesso blocco di marmo. La gamba destra, invece, è leggermente avanzata e ha il piede completamente aderente al suolo. Il braccio destro è teso, piegato al gomito ad angolo ottuso e spostato lateralmente, e ha la mano appoggiata allo scettro. Il foro regolare presente sul lato esterno del braccio, all’altezza del bicipite, è stato interpretato da Minoprio come punto di fissaggio della spallina della corazza, mentre verosimilmente si tratta del foro per un perno che ancorava il braccio stesso, scostato verso destra, alla parete ricurva dell’abside. Il paludamentum che avvolgeva i fianchi, completamente perduto, era di metallo (bronzo dorato?) o di stucco (dipinto?) ed era congiunto alle parti nude con perni e barre in ferro. Dello scettro resta l’innesto nel palmo della mano. È stato proposto che lo scettro terminasse con una croce, come nel medaglione in argento conservato a Monaco31, e che la statua coincida con quella descritta da Eusebio32, eretta dal senato “nel luogo più pubblico di tutti a Roma”33. Quest’ultima recava nella mano sinistra il globo, ma il frammento conservato del braccio sinistro non presenta elementi che consentano di ipotizzare il tipo di attributo.
La testa è costituita unicamente dalla metà anteriore e non sembra avere mai avuto la parte occipitale. Il blocco marmoreo è scavato sul retro con tagli regolari, non solo per alleggerire il peso, ma anche per consentire l’alloggiamento di travi e grappe che permettessero di sostenere e ancorare la testa alla parete posteriore. Ne deriva che essa è stata lavorata per essere adoperata in una statua colossale, dimensionata per l’abside occidentale della basilica, alla cui parete di fondo era previsto che fosse accostata. Ciò presuppone che la scultura sia stata eretta contestualmente alla costruzione dell’abside, avendo definito fin dall’inizio nella tessitura della parete i punti di ancoraggio, a meno che non si debba immaginare che Costantino sia intervenuto a modificare la basilica, con l’aggiunta della statua colossale, prima che la parete occidentale dell’edificio — e conseguentemente la sua copertura — fosse stata completata.
Il volto reca segni inconfutabili di rilavorazione: la fronte è stata chiaramente ribassata sotto la linea dei capelli come esito della trasformazione della pettinatura, evidente soprattutto nell’area appiattita e fortemente rilavorata davanti alle orecchie in corrispondenza dei due profili. Gli occhi grandi e le p.146 sopracciglia arcuate sono, invece, quelli del ritratto originario, come pure il naso piuttosto voluminoso e le orecchie, che non sembrano essere state rilavorate. Una certa tagliente rigidità nel profilo della mascella, presente anche in altri ritratti costantiniani realizzati rilavorando teste più antiche (in particolare quello colossale del Metropolitan Museum di New York) e la picchiettatura ancora visibile nel sottogola, certamente non attribuibile a fenomeni di alveolarizzazione del marmo, indicano che forse il personaggio originariamente raffigurato aveva la barba.
Due ciocche sotto le tempie, il cui profilo è riconoscibile in leggero rilievo, furono aggiunte su entrambi i lati mediante perni quadrati, benché l’originario blocco marmoreo, tenuto conto del volume della calotta e delle orecchie, sarebbe stato sufficientemente ampio per le basette. Una delle due ciocche lavorate a parte e inserite — quella del lato destro, ancora visibile nella posizione originaria nelle fotografie della testa pubblicate da Kähler nel 1952 — è conservata attualmente nel magazzino sculture del Palazzo Nuovo34. Ai lati della zona centrale della fronte vi sono due settori della capigliatura realizzati con inserti: a destra l’inserto con le ciocche di Costantino è conservato, mentre il grosso inserto sul lato sinistro, che era fissato con due grappe — di cui restano i solchi e il foro nelle ciocche inferiori — in uno scasso con profondità diverse, è andato perduto.
Come rilevato da Zanker, né le lunghe e spesse ciocche fortemente incurvate sopra l’orecchio e la tempia destri, né la forma e il ductus delle piccole ciocche frontali sul lato sinistro corrispondono con il tipo ritrattistico costantiniano, ben noto e documentato. Essi sembrano appartenere alla testa precedente. Su quest’ultima sono state avanzate diverse ipotesi, nessuna purtroppo accertabile: Harrison35 ha suggerito una provenienza dal foro di Traiano, ritenendo tuttavia un’aggiunta posteriore la testa e la mano destra, di marmo diverso; Cecchelli e Jucker, seguiti da Coarelli e Varner36, ritengono che il colosso riutilizzato da Costantino fosse stato eretto precedentemente nella stessa basilica e fosse destinato in origine a onorare Massenzio; Zanker37 esclude che la testa potesse raffigurare inizialmente Massenzio per la forte rientranza all’altezza delle orecchie documentata dai suoi ritratti più sicuri, e propende piuttosto per l’appartenenza a una divinità; Anderson38 preferisce identificarlo con un ritratto di Traiano; Evers39 sostiene che alcuni tratti iconografici (per esempio il disegno del padiglione auricolare) e la parte conservata della capigliatura coincidono con il III tipo ritrattistico di Adriano, detto “Rollockenfrisur”, e che l’acrolito sarebbe stato prelevato da un edificio costruito da Adriano, in onore del quale sarebbe stato originariamente eretto; La Rocca40, infine, ritiene che la scultura sia stata ricavata da pezzi di più statue acrolitiche, rimessi insieme con scarse correzioni a esclusione della testa, rilavorata su un precedente ritratto. L’Orange41, invece, ha sostenuto che le rilavorazioni siano da attribuire a una rielaborazione cristiana della statua avvenuta negli anni 324—
Il tipo di pietra adoperata, il marmo pario43, per la maggior parte dei pezzi che compongono l’acrolito confermerebbe che il ritratto è stato riadattato e che verosimilmente i blocchi di marmo erano stati portati a Roma non oltre l’età adrianea.
Occorre ricordare che la visione della testa avveniva notevolmente dal basso. Lo sguardo non è rivolto verso l’alto, come accadeva in molti ritratti antoniniani mediante l’espediente della pupilla tangente alla palpebra superiore, perché l’imperatore non è un comune mortale, la sua vista non è terrena, egli scruta lo spettatore e lo attraversa, allontanando lo sguardo verso orizzonti illimitati. Gli occhi sono leggermente divergenti rispetto alla direzione della testa e in questo modo danno la sensazione di non poter essere incontrati dallo sguardo degli astanti.
La testa dell’acrolito appartiene allo stesso tipo dei ritratti presenti sull’arco di Costantino e deriva evidentemente dallo stesso modello. Le teste sostituite nei rilievi traianei e nei tondi adrianei inseriti nell’arco sono state considerate maggiormente espressive e dinamiche, ma sulla base di una visione falsata dalla innaturale rigidità che affiora dall’accostamento della testa a un collo non originale. Non è stato finora osservato, infatti, che il collo è un’aggiunta rinascimentale. Il frammento scultoreo è p.147 stato realizzato da Ruggero Bescapé nell’anno 1595 su incarico di Giacomo Della Porta, per permettere la collocazione della testa alla sommità della fontana di Marforio da lui progettata, come risulta da due documenti d archivio finora ignorati44. La testa è ancora priva di collo nel disegno di van Heemskerck del 1532—
Eliminato il collo46, la visione del volto (l’altezza conservata è di 1,74 m) acquista una maggiore dinamicità e le asimmetrie presenti nelle due metà trovano una più chiara spiegazione.
6. Restituzione in pianta della testa colossale in marmo di Costantino dal rilievo fotogrammetrico. |
La metà sinistra del viso è più larga rispetto a quella destra e sullo stesso lato la guancia è più gonfia, la tempia più sporgente, l’orecchio più alto, l’angolo esterno dell’occhio e della bocca più allungato, le pieghe labionasali più rilevate, come pure la parete del setto nasale. Si tratta di accorgimenti ottici adottati per compensare le distorsioni derivanti dalla leggera torsione del capo verso sinistra, proposta per la prima volta da Jucker e confermata dai rilievi fotogrammetrici eseguiti in occasione del recente intervento di restauro (fig. 6), e da un calcolato punto di vista privilegiato, che teneva conto dell’ingresso dello spettatore nella basilica dalla via Sacra, come appare dimostrato dalla contemporaneità tra la costruzione del protiro e l’impianto originario, dimostrata negli studi più recenti47.
La datazione del ritratto viene ormai quasi unanimemente fissata in una fase precoce del principato di Costantino, ossia nel breve periodo della sua permanenza a Roma dopo la battaglia di ponte Milvio, allorché furono celebrati i decennalia. L’imperatore è raffigurato secondo una consolidata tradizione pagana nella trasposizione eroica del tipo di Giove assiso. Dedicata forse dal senato per legittimare la sua vittoria, l’iconografia prescelta e le dimensioni colossali, che incutono rispetto e timore, non sono più soltanto allusive, ma equiparano esplicitamente l’imperatore a un dio. In età giulio-claudia a Iovi Augusto era stato dedicato il tempio di Zeus a Cirene, come testimonia l’iscrizione monumentale incisa sui blocchi dell’architrave della peristasi sul lato orientale (fig. 7), distrutta in occasione della rivolta giudaica del 115—
7. Iscrizione monumentale incisa sui blocchi dell’architrave della peristasi orientale del tempio di Zeus a Cirene. |
Nella colossalità del ritratto, che raggiungeva i dieci-dodici metri dal suolo, alcuni elementi fisionomici, come gli occhi o le sopracciglia, appaiono irrigiditi e sembrano ridotti a semplici cifre ornamentali inserite con tagli netti nei piani facciali semplificati. Il modello ritrattistico noto dalle altre repliche del tipo, come ha sottolineato La Rocca, è stato adattato in questo caso a rappresentare l’immagine del deus praesens, collocata nell’abside del più importante monumento civile dell’epoca. E evidente che il dinamismo delle teste rilavorate nel grande fregio traianeo o nei tondi adrianei dell’arco di Costantino non era consono a rappresentare il distacco e l’imperturbabile calma del divino sovrano.
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R. Delbrueck, Spätantike Kaiserporträts von Constantinus Magnus bis zum Ende des Westreichs, Berlin 1933, p. 121, tavv. 37—
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E. R. Varner, Mutilation and Transformation. Damnatio Memoriae and Roman Imperial Portraiture, Leiden-Boston 2004, pp. 217 sgg., cat. 9. 4, fig. 209a-d. 26Erroneamente indicata di solito come inv. 1622. 27T. Buddensieg, Die Konstantinsbasilika in einer Zeichnung Francescos di Giorgio und der Marmorkoloss Konstantins des Grossen, in “Münchner Jahrbuch der Bildenden Kunst”, XIII, 1962, pp. 37—
Text: museum stand (H, I, J, K), 2016.
© 2005. Description: fragment from: Claudio Parisi Presicce. L’abbandono della moderazione. I ritratti di Costantino e della sua progenie, in Donati A., Gentili G. Constantino il Grande. La civiltà antica al bivio tra Occidente e Oriente. Silvana Editoriale, Milano, 2005, pp. 144—155.