336—337 CE. Rome, Capitoline Museums, Palazzo dei Conservatori, Marcus Aurelius ExedraPhoto by Sergey Sosnovskiy
Constantine the Great.
336—337 CE.
Rome, Capitoline Museums, Palazzo dei Conservatori, Marcus Aurelius Exedra
(Roma, Musei capitolini, Palazzo dei Conservatori, Esedra di Marco Aurelio).
Il colosso bronzeo dal Laterano54
La visione dell’immagine ritrattistica (fìg. 12) anche in questo caso risulta falsata dalla congiunzione della testa con un collo realizzato in epoca moderna, anche in questo caso finora mai rilevata, nonostante in tutte le raffigurazioni dell’area lateranense precedenti al trasferimento dei frammenti p.151 bronzei in Campidoglio (per esempio nella pianta di Roma di Paolino da Venezia del 1320 e nella visione ideale del Laterano presente nel codice modenese di Giovanni Marcanova del 1465), la testa sia raffigurata senza collo. Una serie di documenti d’archivio55 testimonia che la realizzazione del “petto di metallo” e del “colmo del capo di detta testa colli soi capelli” venne affidata a Ruggero Bescapé nel 1595. Lo scultore avrebbe dovuto eseguire il lavoro sulla base di un “modello di terra” già esistente, che corrisponde evidentemente con la porzione di collo visibile in due disegni di epoca precedente, l’uno di van Heemskerck e l’altro di Francisco de Hollanda. Il lavoro si trascinò per qualche tempo tra molte difficoltà, finché, sopraggiunta alla fine del secolo la morte di Bescapé, all’inizio del secolo successivo venne stipulato dai Conservatori un nuovo contratto con un altro scultore e con un suo collega definito “traggictatur metalli” (fonditore). Il pagamento in misura ridotta rispetto a quanto pattuito, effettuato più di un anno e mezzo dopo, testimonia che il collo — piuttosto sproporzionato — era stato realizzato, mentre la progettata ricostruzione del colmo del capo venne definitivamente abbandonata. A riprova di ciò vi è un documento relativo a un ulteriore pagamento versato dai Conservatori a un fonditore della medesima famiglia nel 1603, per non meglio specificate riparazioni compiute sulla testa. La conferma definitiva della datazione in epoca moderna del collo deriva dalla presenza su di esso di un’iscrizione in corsivo, incisa sul modello prima della fusione e finora mai notata, tracciata evidentemente dal suo autore.
La parte antica del ritratto, che ha un’altezza dal mento alla sommità del capo pari a 1,25 m, consente di ricostruire una statua colossale che non doveva superare più di cinque volte le dimensioni naturali. Nessun elemento consente di stabilire se la statua fosse seduta, come ha proposto Helga von Heintze, o stante, come ritiene la maggior parte di coloro che si sono occupati della statua. In questo caso la scultura doveva raggiungere un’altezza di otto o al massimo nove metri di altezza, una misura che risulta inferiore sia a quella del colosso marmoreo della basilica Costantiniana, sia a quella del colosso a cui apparteneva la seconda mano presente nel cortile del palazzo dei Conservatori.
Occorre rammentare, inoltre, che il basamento del colossale equus Constantini, eretto nel 33456, individuato nei resti conservati presso l’arco di Settimio Severo, misura 7,40 m di lunghezza e 3,40 m di larghezza57. Tali dimensioni risultano all’incirca doppie rispetto a quelle del basamento della statua equestre di Marco Aurelio (1,70 m di larghezza e 3,76 m di lunghezza) e quasi identiche a quelle del basamento della statua equestre di Traiano eretta nel suo foro, di cui è stata rinvenuta la fondazione (3,76 m di larghezza e 7,54 m di lunghezza)58. In base a queste proporzioni la testa bronzea colossale (di dimensioni all’incirca doppie rispetto a quella di Marco Aurelio, alta 0,56 m dal mento alla sommità del capo) teoricamente potrebbe essere attribuita al monumento equestre dell’imperatore, il cui modello per dimensioni e iconografia doveva essere stato con ogni probabilità proprio l’analogo monumento dell’ammirato predecessore.
A dispetto del suo attuale posizionamento sul collo moderno, la testa non presenta particolari asimmetrie. La visione antica, pertanto, doveva essere perfettamente frontale e dal basso, come testimoniato dal volto piuttosto allungato. Le forme carnose sono segnate da alcuni tratti espressivi, come le pieghe presenti alla radice del naso, sotto gli occhi e intorno alla bocca, o come l’avvallamento al centro del mento, che accentuano la caratterizzazione di età avanzata del ritratto. Segni caratteristici di un’età piuttosto avanzata sono le guance cadenti e le borse sotto gli occhi, che inducono a escludere che possa trattarsi di uno dei figli di Costantino, come era stato proposto inizialmente. Persino l’identificazione con Costanzo II, sovente ribadita p.152 per la forte somiglianza con le immagini monetali (cat. X), appare poco probabile, in quanto anch’egli visse al massimo fino a quarantacinque anni. L’ipotesi più probabile, quindi, è che si tratti di un’immagine senile di Costantino, realizzata negli ultimi anni della sua vita, secondo l’opinione di Kähler, o addirittura dopo la sua morte, come proposto da Delbrueck (intorno al 360), a meno che non si tratti di un ritratto di Costanzo II che imita la fisionomia del padre. Va registrato che Alföldi e von Heintze hanno ipotizzato che la statua, che riproduce con alcune varianti un tipo ritrattistico più antico, sia stata realizzata in occasione della celebrazione dei tricennalia.
Tracce sicure di un diadema non sono riconoscibili nella capigliatura, benché una fonte medievale menzioni una “coronam auream gemmis ornatam”. Lungo l’orlo superiore della testa, dove i capelli si interrompono per mancanza della calotta, vi è una piccola serie di fori quadrangolari passanti posti a distanze più o meno regolari, non connessi con le esigenze tecniche della fusione, che potrebbero essere spiegati con la presenza di una corona radiata. L’orlo superiore della parte conservata, nel settore destro e in quello sinistro, presenta una sorta di dente, funzionale forse all’appoggio della corona. La medesima fonte medievale che menziona la corona ricorda come appartenenti alla statua un braccio con il globo nella mano e una spada retta dall’altra mano. Questa notizia vale solo come testimonianza cronologica della presenza contestuale, davanti al palazzo lateranense, della testa e della mano con il globo giunti successivamente in Campidoglio (fìg. 13), mentre non indica necessariamente l’appartenenza a un unico colosso bronzeo. Va rilevato a questo proposito che le caratteristiche tecniche della fusione dei due elementi conservati sono molto differenti e che essi sono menzionati insieme a un piede bronzeo, giunto anch’esso in Campidoglio contemporaneamente o negli stessi anni, il quale sicuramente per le sue dimensioni leggermente più piccole non appartiene al medesimo colosso.
Quanto alla proposta di identificazione della testa con quella del colosso di Nerone, cui sarebbe stata sostituita la maschera facciale59, molti sono gli elementi che la rendono improbabile. In primo luogo non vi sono dati tecnici per sostenere che le due metà anteriore e posteriore della testa siano state fuse in due momenti diversi. I soli interventi successivi alla prima realizzazione sono un intervento di riparazione in un ampio settore della guancia destra, appena sotto lo zigomo, e la sostituzione del mento fino all’attacco del collo, che presenta una tecnica di preparazione del modello in cera (“a sciacquo”) e un risultato nella fusione completamente differenti dal resto. Soltanto le ciocche ritorte a chiocciola che circondano la capigliatura sulla fronte e sulla nuca, nonché le basette, sono fuse a parte e saldate, ma questo dato da solo non è sufficiente per stabilire se si tratti di parti aggiunte su una testa più antica per trasformarla in un’immagine di Costantino.
In secondo luogo dovremmo accettare che non vi sia alcuna relazione tra le dimensioni reali e quelle tramandate da più autori antichi: anche ammettendo, infatti, che il basamento avesse un’altezza pari a quella della statua (alta al massimo otto-nove metri), la misura complessiva non potrebbe raggiungere neppure due terzi delle dimensioni indicate dalle fonti letterarie per il colosso neroniano, anche ammesso che alla massima altezza raggiungibile (statua di otto-nove metri più basamento otto-nove metri) avesse un senso per Costantino sostituire la maschera facciale per rendere riconoscibile il suo volto, piuttosto che sostituire semplicemente con una “rasura” l’iscrizione dedicatoria. Tenuto conto delle misure della statua a cui apparteneva la testa bronzea, anche lo spostamento del colosso da parte di Adriano mediante ventiquattro elefanti apparirebbe un’inspiegabile esagerazione. Le tracce di doratura messe in luce sulla testa in occasione del recente intervento di restauro, in passato visibili solo sul dorso della mano, offrono un ulteriore elemento per escludere l’assimilazione tra le due opere, dal momento che nessuna fonte p.153 riferibile al colosso neroniano parla di bronzo dorato, e attribuire la doratura dell’intera scultura a Costantino appare piuttosto improbabile. Poco credibile risulta anche la possibilità che Costantino abbia eliminato l’iscrizione del basamento recante la presunta dedica del colosso a Romolo, figlio di Massenzio (perché non limitarsi alla cancellazione del nome?), l’abbia riadoperata subito nell’attico dell’arco trionfale, ma abbia poi atteso gli ultimi anni della sua vita — stando alla datazione stilistica del ritratto — per sostituire la testa del colosso con la sua effigie.
Anche ammettendo l’eventuale rinvenimento della testa dai pressi dell’anfiteatro flavio — un’ipotesi presa in considerazione nel corso del recente intervento di restauro sulla base delle notizie antiquarie60, — il colosso di Nerone non era la sola statua di enormi dimensioni presente nell’area e addirittura nella stessa Domus Aurea vi era almeno un altro colosso. Va anche detto che, se la testa e la mano con il globo fossero pertinenti alla medesima statua, avremmo un elemento di dissomiglianza rispetto all’iconografia del colosso neroniano nota dai conii monetali, in quanto il globo dei Musei Capitolini reca tracce sicure della presenza di una Vittoria, che era ancorata alla superficie curvilinea mediante un foro praticato prima della fusione bronzea.
P. Arndt, F. Bruckmann (a cura di), Griechische und roemische Portraets, München 1891 sgg., nn. 893—
E. Strong, Scultura Romana, Roma 1923, p. 410 (Costanzo II);
H. P. L’Orange, Studien zur Geschichte des Spätantiken Porträts, Oslo 1933, p. 64, tavv. 84, 164 (uno dei figli di Costantino);
R. Delbrueck, Spätantike Kaiserporträts von Constantinus Magnus bis zum Ende des Westreichs, Berlin 1933, pp. 139 sgg., tavv. 52—
H. Kähler, Konstantin 313, in “Jahrbuch des Deutschen Archäologischen Instituts“, 67, 1952, pp. 22 sgg. e nota 67;
A. Alföldi, Die Constantinische Goldprägung. Untersuchungen zu ihrer Bedeutung für Kaiserpolitik und Hofkunst, Mainz 1963, p. 129, fig. 304;
H. von Heintze, scheda in W. Helbig, Führer durch die öffentlichen Sammlungen klassischer Altertümer in Rom, II, Tübingen 1963, (IV ed.), n. 1578;
W. von Sydow, Zur Kunstgeschichte des spätantiken Porträts im 4. Jahrhundert n. Chr., Bonn 1969, pp. 23, 33 sgg., 41, 67;
M. Bergmann, Studien zum römischen Porträt des 3. Jhr. n. Chr., Bonn 1977, p. 144;
H. Jucker, Von der Angemessenheit des Stils und einigen Bildnissen Konstantins des Grossen, in Angesicht zu Angesicht. Porträtstudien. Michael Stettler zum 70. Geburstag, Bern 1983, pp. 51 sgg., 63;
K. Fittschen, P. Zanker, Katalog der römischen Porträts in den Capitoliniscben Museen und den anderen kommunalen Sammlungen der Stadt Rom, I, Mainz 1985, pp. 152—
E. La Rocca, La fondazione di Costantinopoli, in G. Bonamente, F. Fusco (a cura di), Costantino il Grande dall’antichità all’umanesimo, Macerata 1992—
E. R. Varner, Mutilation and Transformation. Damnatio Memoriae and Roman Imperial Portraiture, Leiden-Boston 2004, p. 66. 55Si tratta di otto documenti, finora quasi completamente inediti, che saranno pubblicati integralmente in altra sede. 56Corpus Inscriptionum Latinarum VI, 1141 = 31246 = Incriptiones Latinae Selectae 698. 57F. C. Giuliani, P. Verduchi, L’area centrale del Foro Romano, Firenze 1987, pp. 69—
Text: museum information.
© 2005. Description: fragment from: Claudio Parisi Presicce. L’abbandono della moderazione. I ritratti di Costantino e della sua progenie, in Donati A., Gentili G. Constantino il Grande. La civiltà antica al bivio tra Occidente e Oriente. Silvana Editoriale, Milano, 2005, pp. 138—155.