End of the 4th cent. CE. Inv. No. 31550 (ex 188).Rome, Vatican Museums, Pius Christian MuseumPhoto by Sergey Sosnovskiy
The Christ monogram. Central fragment of the frontal side of a strigillated sarcophagus.
End of the 4th cent. CE.
Rome, Vatican Museums, Pius Christian Museum
(Roma, Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano).
44. Porzione centrale della fronte di un sarcofago con il monogramma costantiniano
fine del IV — inizi del V secolo
marmo bianco
42 × 42 × 5 cm
Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. n. 31550.
Dal 1757 al 1854 nel Museo Cristiano di Benedetto XIV.
Provenienza: ignota
La lastra quadrata presenta, entro una semplice cornice, il monogramma costantiniano decussato e gemmato, con alpha e omega pendenti dai tratti alti del chi, inserito in una ricca corona circolare composta da sei fasci di foglie d alloro alternate a sei fiori di differente foggia, posti in corrispondenza degli apici delle lettere del monogramma. Fra la corona e la cornice quadrangolare, negli spazi angolari di risulta, sono, in alto, due cesti viminei di frutti stilizzati (grappoli d’uva?) e, in basso, due fiori simili a quelli della corona. Il frammento risulta ricomposto da una frattura orizzontale in corrispondenza dei fiori alla base del chi, mentre il tratto inferiore della cornice è integrazione di restauro. Questo fu dovuto all’intervento del celebre scultore e antiquario Bartolomeo Cavaceppi, in occasione della creazione dell’eccezionale collezione di sculture paleocristiane del museo di Benedetto XIV nel 1757, un anno dopo la sua ideale fondazione a seguito della donazione al papa Lambertini del museo di Francesco Vettori. Tale raccolta, eterogenea per le provenienze da chiese e palazzi di Roma (ma comunque originata dagli scavi devastatori dei “corpisantari” nelle catacombe romane, seguiti fra Sei e Settecento alle sistematiche esplorazioni di Bosio), confluì più tardi nel Museo Cristiano creato da Pio IX nel palazzo lateranense e trasferito da Giovanni XXIII in Vaticano.
L’esposizione alle pareti del museo di Benedetto XIV delle sole fronti dei sarcofagi e dei loro coperchi portò alla distruzione di un gran numero di monumenti ancora integri, di cui furono salvati soltanto i rilievi figurati, spesso integrati nelle parti mancanti o rovinate, e in qualche caso interamente rilavorati. I lavori di Cavaceppi — fra i protagonisti di quest’opera di musealizzazione spregiudicata dei reperti — sono annotati su un documento oggi nell’Archivio Segreto Vaticano (cfr. Gennaccari 1997), dal quale è possibile ricostruire ogni intervento effettuato sulle decine di sarcofagi. Così, quello che oggi appare come un isolato elemento decorativo marmoreo altro non era che il segmento centrale della fronte di un sarcofago strigilato, che fu “staccato dalla lastra striata [e] quadrato” perfettamente (Gennaccari 1997, p. 35). Il riferimento a una “lastra” fa pensare che il sarcofago, al momento dell’intervento di Cavaceppi, fosse già stato ridotto alla sola fronte e privato del resto della cassa. Un siffatto ricostruito monumento fa ricordare la semplificata anastasis fra strigliature di un sarcofago nella chiesa romana dei Santi Quattro Coronati (cff. Deichmann, Bovini, Brandenburg 1967, n. 758), l’etimasìa con iota-chi fra strigilature del sarcofago di Frascati (cfr. Dresken, Weiland 1998, n. 115), entrambi di fine IV o inizi V secolo, o i più tardi esemplari di Ostiglia, Ravenna e anche Rimini (cfr. ivi, nn. 279, 281, 378, 391), tutti con il monogramma centrato su una fronte liscia oppure fra coppie di ceri o pavoni, oltreché una moltitudine di ulteriori esempi delle Gallie (cfr. Christern-Briesenick 2003, passim), ancora più avanzati nel V secolo, dove il chi-rho è spesso al centro di una ricca ornamentazione fitomorfa. Ma il più vicino degli esempi è su un sarcofago vaticano del Camposanto Teutonico (cff. Deichmann, Bovini, Brandenburg 1967, n. 859, con datazione generica al V secolo), dove una croce monogrammatica gemmata, con alpha e omega, racchiusa entro corona e affiancata da due pannelli decorati a pelte, presenta in basso due colombe appollaiate sui lemnisci della corona, e in alto due cesti con frutti, identici all’esempio del Pio Cristiano. L’esecuzione decisamente più accurata di quest’ultimo ne consente tuttavia una datazione più alta, collocabile comunque fra l’età di Teodosio e i primi anni del secolo seguente.
Bibliografia:
R. Garrucci, Storia dell’arte cristiana nei primi otto secoli della Chiesa, V, Prato, p. 150, n. 4, tav. 401;
J. Ficker, Die altchristlichen Bildwerke im Christlichen Museum des Laterane, Leipzig, 1890, p. 146, n. 188;
O. Marucchi, I monumenti del Museo Cristiano Pio Lateranense, Milano, 1910, p. 25, n. 5;
W. F. Volbach, scheda in: J. Hoster (a cura di), Früchristliche Kunst aus Rom, catalogo della mostra, Essen, 1962, p. 218, n. 454;
P. Liverani, scheda in Paolucci 1992, pp. 128—
C. Gennaccari, Museo Pio Cristiano: documenti inediti del ’700 per la storia di alcuni rilievi, in “Bollettino dei Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie”, XVII, p. 35.
Text: museum information.
© 2005. Description: Donati A., Gentili G. Constantino il Grande. La civiltà antica al bivio tra Occidente e Oriente. Silvana Editoriale, Milano, 2005, pp. 230—231, cat. no. 44.