Roman copy of a Greek original by Scopas of the second half of the 4th c. BCE. Inv. No. 294.Florence, Uffizi GalleryPhoto by Ilya Shurygin
The group of Niobe and her youngest daughter.
Roman copy of a Greek original by Scopas of the second half of the 4th c. BCE.
Florence, Uffizi Gallery
(Firenze, Galleria degli Uffizi).
GRUPPO DI NIOBE E DEI NIOBIDI
R. Cockerell: Ricostruzione ideale del gruppo dei Niobidi come decorazione frontonale (Uffizi Gab. Disegni e Stampe). |
§ 1. Notizie sul rinvenimento e la storia esterna. — La documentazione è stata data da G. Fabroni e ripresa poi sostanzialmente da tutti gli altri, con aggiunte di maggiore o minor rilievo. Il dato fondamentale sull’epoca del ritrovamento è offerto dall’ormai nota lettera dello scultore Valerio Cioli (1542—
Bibl.:
Pelli, pp. 411 e segg.;
Fabroni, Diss., p. 1 ss.;
Stark, p. 217 e ss.;
Lanciani, ScRoma, III, p. 167;
Grimal, Les Jardins romains à la fin de la republique, Paris, 1943, p. 156.
Documenti:
1583, 8 aprile (Gaye, Carteggio, III, p. 451, n. 384) …Sua Alt. sa che fu trovato quatuordici figure che sono di buona mano, che rapresenta la storia di Niobe e infra laltre cè un grupo di due figure che sono molto belle e di molte di quele àno le teste rimese e a che de’ braci e uno tutte belle teste ma e capelli non sono troppo belli no sono molto finiti: ma el padrone cià grande opinione, per quanto ho potuto intendere da lui, perche andai secho a la vignia dove e’ là trovate e fa eh avare chontinovo perche pensa trovare tutta la storia. (Lettera di V. Cioli).
1583, 24 giugno (Fabroni, p. 20): …queste sono il numero delle statue 15 computata l’allotta per doi e la niobia per doi. oltre alle 15 vi è un torzo quale è rimasto alla vigna e non potrà servir per altro che ad acconciar l’altre… (Lettera di S. Pernigoni);
1670, GR 779, 226 (Inventario Generale di Villa Medici) …Nel viale della Liona: quattordici statue della favola della Niobe, tutte insieme di più grandezze. 229 D, (nella Sala principale’)… due statue di marmo antiche al naturale, simili a quelle della Niobe.
p.103 § 2. Notizie generali sui restauri. — La lettera del Cioli riferisce: «molte di quele (statue) àno le teste rimese» frase che Dütschke (p. 137) interpretò: «und viele von ihnen haben die Köpfe ergänzt», mentre va presa nel suo significato letterale: infatti molte statue muliebri hanno teste lavorate a parte. È difficile pensare infatti ad un restauro fatto mentre ancora durava lo scavo, mentre è naturale la ricomposizione con le parti pertinenti di rapporto, teste e braccia (e ache de’ braci, aggiunge il Cioli). A chi si debbano le non poche integrazioni è finora ignoto; soltanto per l’epoca del trasporto si ha notizia di una serie di restauri preventivi, che il Pelli (p. 411) attribuisce ad Innocenzo Spinazzi su questo punto esiste una lettera del Tavanti al Querci (AG, III, A, 1771, 2): e sono incaricato di replicar Le che il Sig. Innocenzo Spinazzi deve risarcire le statue del gruppo della Niobe…
§ 3. Pertinenza al gruppo. — La mancanza di elenchi dettagliati redatti al momento della scoperta o all’atto dell’acquisto, impedisce di conoscere con precisione quali effettivamente siano stati i pezzi usciti dalla vigna Tommasini nel 1583; il numero stesso è variato nei documenti contemporanei: la scheda riferita da Fabroni dopo la lettera del Pernigoni parla di tredici statue (statue n. 13 della Niobia), più il gruppo dei Lottatori (la lotta [i due giovinetti stramazzanti] che sono senza testa); la seconda lettera del Pernigoni al Varese indica 15 figure, poiché il gruppo di Niobe e quello dei Lottatori sono calcolati ciascuno per due, mentre la lettera del Cioli indica quattordici statue, numero che poi è rimasto fisso e che ha sempre, nei documenti posteriori, caratterizzato il complesso (cfr. GR, 779, 226). La pertinenza solo parzialmente si può discutere su basi documentarie; le incisioni del Cavalleriis furono eseguite quando già le statue stavano a Villa Medici; fra di esse il Cavalleriis riproduce il gruppo di Niobe, il Pedagogo, il fanciullo, il c. d. «secondo Niobide», un Niobide caduto sul ginocchio, il Niobide morto, le due Niobidi correnti, la Psiche, un Niobide che ascende la roccia. Più larga è la serie riprodotta dal Perrier, cioè, oltre le statue già elencate, ad eccezione del gruppo di Niobe, e della coppia Pedagogo-fanciullo, il secondo Niobide che scala la roccia, la c. d. «Trophós», la c. d. Musa, l’Anchirrhoe; il Fabroni ha considerato tutte le statue di proprietà Medici, compreso il Cavallo (v. N. 83). L’Anchirrhoe appartenne alla collezione Valle, dove fu disegnata da Pierre Jacques. Del gruppo originale doveva far parte il N. 73, di cui esiste un calco a Villa Medici, mentre il N. 269 dev’essere di provenienza Valle-Bufalo (Mandowsky). L’incisione Perrier (riprodotta in Mandowsky, fig. 1) mostra l’aggruppamento già costituito a Villa Medici, la cui consistenza è provata ancora dalla serie di calchi entrati in Galleria nel 1589 e inviati da M. Marenzi. Cfr. Hülsen, Detailstudien, RMitt; XXVI, 1911, pp. 288 e segg.) ha rilevato con una ampia discussione che l’accettazione o meno del Pedagogo N. 78 dipende dall’attribuzione e dalla cronologia dei disegni (Berolinensis, Cambridge, ecc.) e prima lo Hübner (RA. XIII, 1909, p. 79) aveva escluso la pertinenza del Pedagogo al gruppo di Vigna Tommasini. Dopo il trasporto a Firenze si aggiunsero per qualche tempo il Discobolo (v. N. 5) e, definitivamente, per suggerimento del Thorwaldsen, il c. d. Narcisso (v. N. 81) da tempo esistenti in Galleria. Il Dütschke ha considerato non pertinenti al complesso, oltre ai Lottatori, i due «doppi», la Psiche, l’Anchirrhoe, la c. d. Musa, il c. d. Narcisso e il Pedagogo, che ritenne aggiunto in seguito. In realtà nessuna prova vi è per escludere il Pedagogo dal novero delle statue della vigna Tommasini, soprattutto se si considera il disegno del cit. codice di Cambridge. Sicuramente aggiunto (a Firenze) è soltanto il c. d. Narcisso, cui si possono aggiungere i due Niobidi «doppi», dal momento che essi, a Villa Medici, non facevano parte del p.104 gruppo esposto nel giardino. La discussione, fatte queste esclusioni, si restringe quindi a poche statue: la Psiche, l’Anchirrhoe, la c. d. Musa, alcune delle quali peraltro si dovrebbero mettere in conto perchè diversamente non tornerebbe il numero indicato dalle fonti documentarie. Conviene scindere infatti il problema della pertinenza al complesso di vigna Tommasini dal problema della pertinenza al gruppo di Niobe ed è stato un errore di Dütschke averli praticamente confusi, per quanto prima di lui K. B. Stark (p. 224 ss.) avesse già posto il secondo problema nei termini esatti, escludendo, oltre al Discobolo e al Cavallo, l’Anchirrhoe, la c. d. Musa, la c. d. Trophós, per limitare qui l’elenco al solo gruppo fiorentino. W. Amelung ha escluso dal gruppo di Niobe la Psiche, l’Anchirrhoe, il Narcisso, la c. d. Musa, da lui ritenuta un Apollo citaredo, la Trophós, per le altre, che considera pertinenti al gruppo, dubita però sull’identità del luogo di provenienza, quanto al Pedagogo, e alla Trophós ammette la possibilità che siano essi a completare il numero riferito dalle fonti, pur escludendoli dalla stretta pertinenza col gruppo. È evidentemente una svista quella del Collignon (seguito anche recentemente da Ch. Picard (ScGr, III, 1; p. 760, 1) che il Pedagogo sia stato aggiunto a Firenze; il Collignon riduce le statue del gruppo a nove, basandosi evidentemente sui dati erronei di Dütschke relativi ai materiali. Una puntualizzazione del duplice problema è stata fatta in modo assai preciso da Sieveking e Buschor (MünchIahrbbK, 1912, II, p. 111 ss.): tredici statue, più il gruppo dei Lottatori, entrarono nella collezione Medici; i Niobidi sicuri sono undici. I due Autori riprendono la tesi di Hübner (RA, 1909, 1, p. 80 ss.) della non pertinenza del Pedagogo al complesso del 1583, ma ammettono l’appartenenza al gruppo dei Niobidi; l’esclusione dell’Anchirrhoe e della Trophós è motivata dal fatto che l’una e l’altra erano già note prima del 1583, la prima da un disegno di Pierre Jacques, la seconda da altro disegno anteriore a tale data (Hülsen, Ausonia, VII, p. 188); la Psiche invece apparterrebbe al complesso del 1583. In sostanza quindi, per il primo problema si può ritenere che dallo scavo della vigna Tommasini provengano non solo statue di Niobidi, ma anche altre, come i Lottatori e la Psiche, che non appartengono al gruppo, sicché non vi è difficoltà ad ammettere che anche qualche altra statua, come la c. d. Musa, abbia la stessa origine: si tratta della decorazione di un grande complesso edilizio e questa non poteva restringersi alla sola «favola di Niobe»; l’aggiunta di altre statue fu fatta in parte a Villa Medici, in parte a Firenze per completare il numero tradizionale dei personaggi della vicenda, scegliendole fra quelle che hanno, o sembravano avere, attinenza con la saga.
§ 4. Cronologia e attribuzione. — L’incertezza sull’attribuzione del gruppo dei Niobidi risale alla stessa età antica (Plin., NH, XXXVI, 28: «par haesitatio est in tempio Apollinis Sosiani Niobae liberos morientes Scopas an Praxiteles fecerit»), più correttamente, l’incertezza sull’attribuzione di quel gruppo dei Niobidi che C. Sosio dedicò nel 32 a. C. nel tempio di Apollo Medicus nel Campo Marzio (sull’identificazione e localizzazione del tempio: G. Lugli, MonAntRoma, Suppl. I, p. 133 e ss.); il gruppo proveniva da Seleucia (Seleucia al Calicadno, secondo Olrichs, di Pieria secondo Picard) come preda di guerra e nel tempio sosiano si affiancava ad altre serie ed opere: la triade apollinea e le Muse di Philiskos rodio (Plin. NH, XXXVI, 34), l’Apollo di Timarchides (Plin., NH, XXXVI, 35). Di conseguenza, il problema si riflette sull’attribuzione delle statue della vigna Tommasini, se in esse si debba riconoscere, o meno, copia della serie del tempio di Apollo Sosiano. L’esame critico e storico della discussione è stato fatto molte volte, a scopo informativo o chiarificatore. I testi più antichi o hanno valore unicamente documentario per la storia esterna, oppure ripetono il dilemma pliniano, che resta p.105 insoluto anche presso G. G. Winckelmann, il primo che abbia impostato criticamente’ il problema del gruppo, enumerando le copie note e inserendolo nella sua sistemazione come «die höchste Idee der Schönheit». K. B. Stark ha dato alle pp. 12—
§ 5. Caratteri generali delle copie. — Oltre quanto vien detto partitamente ai singoli numeri, si rileva che la valutazione delle copie fiorentine è diversa presso i vari studiosi. L’attendibilità di esse è stata sostenuta specialmente da G. Lippold e L. Curtius, mentre riserve hanno espresso M. Collignon, A. Della Seta, Ch. Picard, G. Becatti (per la Niobe). La discussione si è concentrata sopratutto sul rapporto fra la Niobide Chiara-monti e la corrispondente di Firenze; la prima è stata ritenuta originale dal Buschor, replica augustea invece per G. Lippold, posteriore in ogni modo al gruppo fiorentino per G. Rodenwaldt, flavia per L. Curtius. Essa è, in ogni modo, completamente diversa dalle rimanenti statue muliebri del gruppo e con la corrispondente fiorentina ha solo analogia di schema, il gusto essendo affatto diverso; è inoltre l’unica testimonianza di un’interpretazione del complesso in forme diverse. La recensione delle copie non dà, invece, varianti apprezzabili per le altre figure: per il Pedagogo si tratta soprattutto di diversa qualità delle copie, per la Niobe una vera e propria serie di copie non c’è, perchè quella di Creta p.108 è una rielaborazione e per il rimanente si tratta di teste. Oltre alle precedenti, le figure che si trovano replicate sono il Niobide caduto sul ginocchio e quello che scala la roccia. In certo senso, più istruttivi sono gli aggruppamenti: quello di Soisson comprendente il Pedagogo, con il Niobide minore e quello, che si può ricostruire attraverso le copie degli Uffizi e del Vaticano, del Niobide maggiore con la sorella caduta. Il primo soprattutto dà la certezza del fatto che i copisti hanno agito con una notevole libertà, perchè si trovano qui aggruppati, con rapporti scalari diversi, figure che nella redazione oggi agli Uffizi, dovevano essere certamente distinte; se anche il Pedagogo si espunge dalla serie della vigna Tommasini, resta sempre l’assenza di traccia d’attacco nella figura del piccolo Niobide; nella copia di Soisson c’è un accostamento parallelo, mentre nel gruppo vaticano del Niobide con la sorella si vede una vera e propria paratassi. La qualità delle copie, nel gruppo degli Uffizi, non è del tutto omogenea: la Niobe e le altre figure femminili possono costituire una categoria, alla quale la più prossima è la seconda categoria, costituita dal grande Niobide N. 74, dal Niobide fanciullo, dal Niobide che scala la roccia N. 76; seguono in ordine di qualità le due repliche del Niobide caduto sul ginocchio e le due del Niobide che scala la roccia N. 79 e 80, mentre sta a sè il Niobide morente. Da questa classificazione vanno esclusi naturalmente la «Trophós», l’Anchirrhoe, la Musa, la Psiche, per le incertezze sull’appartenenza al gruppo, il «Narcisso», estraneo al complesso di Vigna Tommasini. Elementi comuni sono la frettolosità di esecuzione che si manifesta quasi dovunque (anche nel Narciso, ma non nel Niobide morente) nel rendimento sommario delle parti non visibili, che va dall’approssimazione del modellato dei capelli, già notato da V. Cioli, alla eliminazione delle gambe sinistre nelle due repliche del Niobide caduto in ginocchio. Frettolosità e meccanicità appaiono nei lembi del panneggio, dove si ripetono formulari fissi e nel tipo stereotipato delle basi. La lavorazione in parti staccate è applicata in tutte le figure muliebri, forse in alcune figure maschili, certamente nella gamba destra del Niobide N. 78.
§ 6. Conclusioni generali. — Dai dati tradizionali si ricava che il complesso di Vigna Tommasini comprendeva oltre alle dodici statue sicuramente relative alla saga di Niobe, almeno la Psiche e la «Musa», oltre ai Lottatori. La presenza di questi ultimi fa pensare ad una raccolta di sculture di vario genere, di gusto approssimativamente simile, di cui il gruppo dei Niobidi, pervenuto incompleto, non era che una parte; non è necessario, ma probabile che la Psiche e la «Musa», se provenienti dallo stesso scavo, fossero usate anche in antico a completare il gruppo. La «Trophós» e 1’«Anchirrhoe» sono state aggiunte a Villa Medici per scrupolo erudito e perchè abbastanza affini. L’incertezza rimane a proposito del Pedagogo. Quanto alla cronologia e all’attribuzione si deve tener conto di una serie di dati di fatto, finora non sufficientemente valutati. La differenza qualitativa delle copie di Vigna Tommasini, che di per sè non esclude l’attribuzione ad un’unica officina di copisti, si è sovrapposta ad una implicita diversità qualitativa degli originali, per cui si va dalla grande invenzione (gruppo della madre; Niobide morente) all’intonazione piuttosto teatrale del grande Niobide n. 74, alla contenutezza formale delle figure muliebri, fino alla banalità del Niobide caduto sul ginocchio e di quello che scala la roccia, pervenuti ciascuno in due copie, analoghe nel primo caso, legate ad uno schema reversibile nel secondo. Del Pedagogo è certo, attraverso la copia di Soisson, l’appartenenza al complesso originario. Schematicamente essa si ricollega a quella del grande Niobide, a sua volta associato alla sorella seminuda nella replica del Vaticano. È ovvio ammettere che i copisti abbiano agito con libertà, in un gruppo p.109 così complesso, producendo redazioni a figure isolate, come nel caso di queste di Firenze, e redazioni a figure aggruppate come nei casi Soisson e Vaticano. Ma da queste varianti e soprattutto dalla intrinseca differenza qualitativa nasce il sospetto che in origine possa essere stato anche creato il solo gruppo grandiosamente patetico della madre e che il complesso canonico di numero corrispondente ai dati della tradizione mitologica (di cui dovevano far parte anche le divinità, come sembrano indicare le copie di Creta) sia stato aggiunto più tardi, se non a varie riprese, almeno usufruendo di schemi diversi, cosa non impossibile per una saga che aveva interessato le arti figurative almeno dalla prima metà del sec. V. Alla costruzione spaziale della Niobe si affiancano motivi (i Niobidi che scalano la roccia, il Niobide caduto sul ginocchio) che sembrano tradotti in marmo da schemi pittorici. Il Niobide morente poi è in marmo diverso da tutte le altre statue del gruppo. Se si prendesse alla lettera il testo di Plinio, che non fa cenno della statua della madre, risulterebbe che gruppo principale e figure di contorno non hanno avuto in antico la stessa origine. Nel caso specifico poi delle statue di Firenze, alla eventuale composizione con statue di origine diversa già in antico, si sono aggiunti dopo la scoperta altri elementi di confusione che solo in parte è possibile eliminane attraverso Tesarne delle fonti documentarie.
Bibl.:
Cavalleriis, tavv. 9—
Perrier, tavv. 33—
Rubeis, tav. 65;
Episcopius, tavv. 3, 6, 33;
Kraus, Signorum vet. Icones, Augustae Vindelic. 1680, tavv. 4, 5, 14;
Maffei, tavv. 32 e 33;
Montfaucon, p. 207, tav. 55;
Id., Diar. Ital., p. 230;
Richardson, Descr. de div. Tableaux qui se trouvent en Italie, III, p. 202;
Dalen, 34 e ss.;
Spence, Polymetis, or an Enquiry, London 1755, p. 111, figg. 96—
Winckelmann, DAK, p. 89, tav. VIII;
Id., GeschK, IX, cap. 2;
Fabroni, Diss. sulla favola di Niobe, Firenze 1779;
Pelli, l. c.;
Mengs, Sämmtl. Schriften, Bonn 1844, II, p. 110;
Fea, Miscell. I, p. 85;
Heyne, Handb. Arch., 1800, pp. 366—
Siebenkees, Ant. Aufs. I, p. 238;
Ramdohr, Maler. Rom, Leipzig 1787, II, p. 137;
Meyer, Propyläen, 1799, II, 1, p. 123;
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Cockerell (Schlegel, De la composition originale des statues de Niobé) Genève 1826 (Bibl. Unives., III) p. 109;
Welcker, ZtschantKunst, 2, 1817, p. 205; 3, 1818, p. 589;
RGF, IV, pp. 1—
Zannoni, Le Statue della favola di Niobe, Firenze 1821;
Inghirami, Gall. omerica, p. 240;
Raoul-Rochette, Mon. inéd. p. 315;
Lenormant, BullInst, 1832, p. 147;
Guigniaut, Relig. d. Antiquité, IV, p. 330;
E. Wolf, BullInst, 1843, p. 91;
Wagner, KBlatt, 1824, p. 93; 1830, p. 51;
Thiersch, Epochen bild. K. p. 368;
Feuerbach, Apollo v. Belvedere, 1855, passim;
Kapp, Italien, Berlin 1837, p. 125;
O. Müller, HandbArch, § 126, tavv. XXXIII—
Welcker, RheinMus, IV, 1836, p. 233;
Id. Ztschrf. AltertWiss, 1850, n. 65;
Hermann, Opuscula, III, p. 37;
Droysen, Aischylos, Berlin 1832, II, p. 231;
Burmeister, De fabula quae de Niobe … agit, Wismar, 1836, p. 94;
Furtwängler, Idee des Todes, Freiburg B, 1854, p. 229;
Braun, Ruinen und Museen, p. 500 e passim;
Burchhardt, Cic, p. 504;
Schnaase, Gesch. bild. K., II, p. 287;
Kugler, HandbKGesch., I, p. 165;
Springer, Handb. KGesch., Stuttgart 1855, p. 85;
Lübke, Grundr. KGesch, 1860, p. 142;
Hettner, Vorsch. bild. K. Gr., I, p. 223;
Feuerbach, Gesch. gr. Plastik, II, p. 134;
Brunn, GrKünstl, I, p. 357;
Friederichs, Praxiteles und die Niobegruppe, Leipzig 1855, p. 67;
Bursian, Neue Jahrbb, LXXVII, p. 107;
Overbeck, GPl, II, p. 42;
Id., JahrbPhilol, LXXI, p. 694;
Petersen, Niobidenmythos, Hamburg 1859;
Michaelis, Andeutungen zur Niobegruppe, Neustrelitz, 1860;
Gerlach, Ilioneus, Zerbst 1862, p. 47;
Stark, pp. 8 ss., 118 ss., 224 ss., 312 e segg.;
D, p. 136 ss.;
Milchhöfer, 42 BerlWprgr, 18, n. 24;
Treu, AMitt, VI, 1884, pagina 393;
Arndt, FestOverbeck, p. 100;
Am, pp. 117 e 128 ss.;
Schebelev, pp. 78 e ss.;
Ulrich, Skopas Leben und Werke, p. 155;
Klein, Praxiteles, p. 326;
Ohlrichs, p. 80;
Collignon, ScGr, II, p. 542;
Mitchell, p. 476;
Winter, KGB, p. 306;
Buhlmann-Sauer, Zeitschrf. Gesch. Altert., 1908, p. 43;
Pagenstecher, SitzBerAkHeidelb, VI, 1910, p. 5;
Buhlmann, Zeitsch. bK, NF, 22, 1911, p. 130;
Buschor, MünchJahrbbK, 1912, p. 111 ss.;
Buschor-Sieveking, ibid., 1914—
Merlin-Poinssot, RA, 1912, p. 104;
Lippold, MünchJahrbbK, 1913, p. 243;
Id., EA, 4859;
Lippold, KUmb, p. 171;
Studniczka, JahrbInst, XXXIV, 1919, p. 53;
Rodenwaldt, RMitt, XXXIV, 1919, p. 53;
Winter, JahrbInst, XXXVIII—
Id., BonnJahrb, 129, 1924, p. 421;
Klein, Rokoko, p. 124;
Schmidt,, Fest Arndt, p. 113;
Lawrence, LGS, p. 113;
Gardner, New Chapters, p. 77;
Studniczka, SitzberLeipzig, 1926, p. 845;
Löwy, JahrbInst, XLII, 1927, p. 80;
Della Seta, NA, p. 426;
Rumpf, Einl, p.110 p. 76 (Rumpf-Mingazzini, p. 135);
Della Seta, MonAntClass, I, p. LXVI;
Curtius, RMitt, XLVII, 1932, p. 253;
Lescky, PW, XVII, 1, s. v. Niobiden;
Mandowsky, GBA, XLI, 1453, p. 261;
Bieber, AJA, LXVII, 1939, p. 718;
Becatti, Arti, III, 1940, p. 412;
Schefold, Phoebus, I, 1946, p. 99;
Id., OrHellR, p. 125;
Ch. Picard, ScGr, III, 2, pp. 750 ss.;
Arias, Skopas, p. 135;
Lippold, GrPl, p. 309;
Salis, KdG, p. 263;
Giglioli, AG, p. 813;
Bieber, HellSc, p. 75;
Lippold, VatKat, III2.
70. Gruppo di Niobe e della figlia minore (inv. 294).
Marmo pentelico: alt. m. 2,28.
Sono di restauro moderno nella Niobe il naso, le labbra, la mano destra con parte del braccio e del corpo della figlia, elementi del panneggio; nella figlia il naso, il braccio destro, la gamba sinistra, il dorso coi capelli e il panneggio attorno alla mano della madre; il braccio sinistro è antico e molto corroso, riapplicato mediante rifacimento in gesso della spalla e dell’ascella; allo stesso modo è ricollegato un frammento di torso panneggiato sotto l’ascella. Nella Niobe sono lavorati a parte e rapportati la testa col collo e il petto, l’avambraccio sinistro col mantello. La superficie è ripulita e lisciata quasi ovunque.
Per la provenienza e la storia esterna v. sopra § 1.
I dati principali della critica relativa a questa statua sono riassunti al § 4. Il gruppo non ha repliche, dovendosi ritenere una rielaborazione quella di Creta (Marinatos, AEph, 1934—
p.111 Bibl.:
v. anche sopra § 1 e ss.;
Cavalleriis, tav. 9;
Maffei, tavv. XXXII e LIV;
Fabroni, l. c. e tav. II;
Mongez-Wicar, II tav. 29 a;
RGF, IV, tav. 1;
Meyer, AtlasKGesch, tav. 22 A;
Clarac, tavv. 583, 1260 (RSt, I, p. 313);
Müller-Wieseler, I, tavv. XXXIII a e XXXIV A c;
Welcker, T. IV, 8;
Millin, GalMyth, n. 521, tav. CXL;
Overbeck GPl, II, p. 70 e fig. 69 gh;
Stark, Niobe, p. 225 ss., tav. X;
D. 264;
BrBr, 311;
AE, 820—
Am. 174;
Furtwängler, MW, p. 695;
Id., AbhBayAk, XX, 1897, p. 574;
Ulrichs, Skopas Leben und Werke, Greifswald 1863, p. 155;
Friederichs-Wolters, p. 433, n. 1251;
Ohlrichs, Die Flor. Niobergruppe, DissJena, 1888;
Collignon, ScGr, II, p. 537, fig. 278;
Klein, Praxiteles, l. c., fig. 60;
Furtwängler-Ulrichs, München 1904, p. 107, tav. 36;
Mitchell, p. 476;
Merlin-Poinssot, RA, 1911, p. 104;
Winter, KGB, p. 307, 1;
Sieveking-Buschor, MünchJahrbbK, 1912, p. 111 ss.;
Buschor, ibid., 1914—
Lippold, RMitt, XXXIII, 1818, p. 86;
Lechat, MPiot, XXXII, 1918—
Studniczka, JahrbInst, XXXIV, 1919, p. 110 ss.;
Anti, M. A. L., XVI, 1920, c. 771;
Winter, BonnJahrb, XXXVIII—
Lippold, KUmb, p. 171;
Schmidt, FestArndt, p. 111;
Löwy, JahrbInst, XLII, 1927, p. 50;
Id., ibid., XLVII, 1932, p. 57;
Michalowski, AA, XLII, 1927, cc. 58—
Lawrence, LGS, p. 14;
Della Seta, MonAntClass, fig. 325;
Curtius, KlKGr, p. 349, fig. 518;
Richter, ScGr, p. 273;
Waldstein, JHS, XXXIII, 1933, p. 288;
Rumpf. Einl, p. 76 (Rumpf-Mingazzini, p. 135);
Marinatos, AEph, 1934—
Lippold, EA, 4859;
Lesky, PW, 17, 1, cc. 644 ss., s. v. Niobe;
Ducati, AC, p. 406;
Becatti, Arti, III, 1940, pp. 411—
Ch. Picard ScGr, III, 2, pp. 742, 750 ss.;
Lippold, GrPl, p. 309, n. 5;
Richter, CritPer, p. 25, fig. 48;
Arias, Skopas, p. 136, fig. 53;
Bieber, HellSc, p. 75;
Giglioli, AG, p. 814, fig. 598.
Documenti: v. sopra § 1.
Disegni e incisioni: Cavalleriis, Maffei citt.;
Uffizi 1577 F, di Guido Reni (testa);
9610 S, di Ciro Ferri (testa) (Jacobsen, nn. 69 e 377);
14810 di Stefano della Bella (Jacobsen N. 338);
Fabroni, Mongez-Wicar, RGF, Clarac, citt. (v. anche sopra § 1 ss.).
Fot. Alinari 1270; Brogi 9317—