Head of a young man
White coarse crystalline marble from the Greek islands.
Roman work, 150—170 CE.
H. 28 cm. Fronto-mental distance 16 cm.
Inv. Nos. 26 / 76 (Inv. 1963).Pisa, Museo dell’Opera del DuomoPhoto by Ilya Shurygin

Head of a young man.

White coarse crystalline marble from the Greek islands.
Roman work, 150—170 CE.
H. 28 cm. Fronto-mental distance 16 cm.
Inv. Nos. 26 / 76 (Inv. 1963).

Pisa, Museo dell’Opera del Duomo.

Origin:
Carlo Lasinio in his records wrote, that the head was donated by Sig. Dottor Busoni Pisano. In the inventory list of 1833 it was clarified: “da casa Busoni in campagna”.
Description:

Italiano 87. Testa di giovanetto

Opera della Primaziale: Loggetta.
Inv. 1963, n. 76.
Lasinio 1814 ricorda che la testa fu “concessa in dono dal sig. Dottor Busoni Pisano” e l’inv. 1833 precisa: “da casa Busoni in campagna”.
Marmo bianco a grossi cristalli con patina giallo intenso: greco insulare. H. cm. 28; distanza fronte-mento cm. 16. La testa, rotta alla base del collo, manca del naso; alla integrazione, ora perduta, si debbono un tassello e un foro per un perno. Le labbra sono scheggiate e abrase. Le scheggiature sono numerose nei capelli, le superaci della capigliatura appaiono consunte: le incisioni che disegnano l’intreccio dei capelli nelle grosse ciocche sono appena leggibili. Una fenditura corre dall’occhio sinistro alla tenia. Nella zona occipitale è una grossa lacuna, integrata. La testa era fissata su una base mediante un perno metallico: il foro di alloggiamento è visibile alla base del collo. La testa è stata sottoposta a un intervento di pulitura.

Inv. 1833, n. 135; Inv. 1845, n. 173; Inv. 1906, n. 164; Inv. 1963, n. 76; Lasinio, 1814, tav. CVI, 177; Grassi, 1873, p. 248, n. 135; Rosini, 1845, p. 215, n. 173; Grassi 1851, p. 288, n. 174; Nistri 1852, p. 170, n. 173; Da Scorno, 1874, p. 73, n. 135; Destantins, 1888, p. 146, n. 172; Pizzanelli, 1909, p. 76, n. 135; Bellini Pietri, 1913, p. 185, n. 135; Papini, 1914, p. 91, n. 150; Carli-Arias, 1937, p. 23.

Negativi: Alinari 8608; IstArchPisa.

La testa è leggermente volta a sinistra; il volto ovale ha lineamenti minuti, gli occhi sono grandi e allungati, con l’iride e la pupilla incisa, la bocca, piccola, è socchiusa. La linea delle sopracciglia è resa con morbido sfumato. I tratti sono lievemente asimmetrici: la guancia sinistra è più piena, l’occhio sinistro è più grande e il sopracciglio sinistro è un poco più alto del destro.

La massa chiaroscurata della chioma constrasta con la luminosità del volto, in cui sono delicatissimi i passaggi di piani. La tenia che cinge la testa fa aderire al cranio la massa dei capelli in una calotta compatta, solcata dalla scriminatura centrale. Oltre la tenia i capelli, lasciati liberi, si gonfiano intorno al viso in una corona di ricci che, più corti sulla fronte e sulle tempie, scendono poi a sfiorare le spalle, nascondendo le orecchie. La scriminatura al centro della fronte costituisce l’asse di simmetria della disposizione dei ricci sulla fronte e sulle tempie; le ciocche, al centro della fronte, formano un motivo a graffa, ripetuto immediatamente al di sopra da altre due ciocche.

Questo tipo di acconciatura non è sufficiente a individuare il soggetto della scultura romana, che Lasinio riteneva un angelo di Nino Pisano. Esso ricorre infatti nella raffigurazione di personaggi assai diversi: Apollo Helios1, Achille2, Alessandro3, ma anche Ganimede4, e in contesto più specificamente romano, i Lari, i Genii5 e numerose personificazioni6. E dunque una generica p.191 caratterizzazione di gioventù e bellezza e come tale la ritroviamo ancora nel IV secolo d. C. in alcune raffigurazioni di Cristo7.

Il volto della scultura del Camposanto risente evidentemente della lezione prassitelica: l’ovale delicato e la dolcezza sognante del volto ricordano l’Apollo Sauroctonos8, non è possibile tuttavia pensare a una precisa dipendenza da una creazione del IV secolo a. C. Un confronto molto puntuale è offerto da una testa del Museo Nazionale di Oslo9 che concorda con l’esemplare pisano per la forma del volto, per il disegno degli occhi e delle labbra, per la disposizione della chioma, per il contrasto tra le nitide superfici del viso e la capigliatura resa con grosse ciocche, segnate all’interno da nette incisioni, separate da profondi solchi di trapano, per la resa sommaria dei capelli sulla calotta del cranio e sulla nuca. Rispetto all’esemplare pisano la testa di Oslo mostra un più accentuato movimento verso sinistra e una maggiore articolazione delle ciocche nella pesante capigliatura, che non è cinta dalla tenia10.

Il volto delicato che caratterizza l’esemplare pisano si ritrova in una testa dionisiaca, con una gonfia acconciatura ornata di corimbi, rinvenuta nel Canopo di Villa Adriana11. Questo confronto non porta a formulare un’ipotesi di dipendenza, ma induce piuttosto a collocare la testa del Camposanto tra le creazioni romane di gusto classicistico. Ritengo che questa valutazione possa venire confermata dal confronto con un’altra opera classicistica: il c. d. Paride di Granada12, che mostra una notevole affinità stilistica nel volto e una simile trattazione della chioma. Una valida indicazione cronologica per la testa pisana viene dalla raffigurazione di Aion nel rilievo della base della colonna di Antonino Pio13. La personificazione dell’eternità è caratterizzata dalla chioma a ciocche nettamente staccate, solcate da rade e profonde incisioni che ne disegnano la composizione interna; un foro di trapano segna gli stretti riccioli che costituiscono la terminazione delle ciocche serpeggianti. Questo modo di trattare la capigliatura si ritrova nella corona di ricci che incornicia il volto dell’efebo, il quale deve quindi appartenere alla produzione del terzo quarto del II secolo d. C.

Lucia Faedo (1984)

p.192 NOTE

1Cfr. per es, la raffigurazione di Helios nella metopa di Ilion (v. Lippold, 1950, tav. 110, 1) e la statuetta ellenistica di Apollo citaredo edita da Marcadé, 1969, p. 177, tav. XXIX, A 2939. L’acconciatura coi ricci che fanno cornice al volto è attestata anche in tipi in cui la sommità della testa è coperta, p. es. i Dioscuri col pilos (v. Lorenz, MededRom, 38, 1976, p. 17 ss., tav. 11, 12, 14—15), Attis (v. Vermaseren, 1966, tav. IV, 3, tav. V, tav. XIII, 1, tav. XXV, 2—3), Paride e Ganimede (v. Sichtermann, 1953, tavv. 14—16; Dacos, BCH, 85, 1961, p. 377, la quale nota la difficoltà di una distinzione iconografica tra i due in assenza di attributi specifici; cfr. anche Zanker, 1974, tavv. 81, 3—6; 82, 1—2, n. 13, pp. 110—112); Mitra (v. Vermaseren, 1956, figg. 26—28, 46—49, 73, 84, 107, 114, ecc.), tutti con berretto frigio; per Ganimede senza berretto frigio v. il gruppo del Vaticano, di cui infra, nota 4. Ma anche tra le divinità figure paterne mostrano alcune varianti dell’acconciatura coi capelli a calotta aderenti al cranio, cinto da una tenia, e con corona di ricci intorno al volto: Zeus (v. Richter, Hesperia, 35, 1966, tavv. 53—54; Berger, RM, 76, 1969, tavv. 23—30, 34—35; Thiemann, 1959, tavv. 1—3, 6—7); Hades (v. Thiemann, 1959, p. 130 C 1; p. 133 C 1—3; p. 135 D 1—2); Asclepio (Ibidem, p. 131 s. D 1—6; p. 134 D 1—2; p. 135 E 1; p. 139 E 1—11; p. 141 E 1—8); Serapide (v. Hornbostel, 1973, ad. es. tav. LV, 106; tav. XLI, 63); Poseidone (v. Thiemann, 1959, p. 129 s. B 1—5; p. 133, B 1—2; p. 135 B 1—3; p. 138 C 1—7; p. 140 C 1—2). Per i capelli lunghi come segno di bellezza e di regalità v. Hölscher, AbhHeidelberg, 1971, 2, p. 27.

2V. Hölscher, AbhHeidelberg, 1971, 2, p. 27 ss., che tratta anche della dipendenza dell’iconografia di Achille da quella di Alessandro.

3Si veda ad es. il c. d. Eubuleus, in cui Harrison, Hesperia, 29, 1960, pp. 382—390 ha proposto di riconoscere un ritratto di Alessandro, mentre Schwarz, GettyMusJ, 2, 1975, p. 71 ss. ha portato nuovi argomenti per l’identificazione con Trittolemo; per questo si veda anche Schwarz, 1980, pp. 449—455.

4Cfr. Amelung, RA, s. 4, 3, 1904, 2, p. 340; Lippold, 1956, Galleria dei Candelabri n. 83, attribuito a Leochares (per l’attribuzione v. anche Harrison, Hesperia, 29, 1960, p. 388); cfr. inoltre Sichtermann, 1953, p. 81, n. 106, tavv. 3—4-6 e bibliografia ivi citata.

5Cfr. Kunckel, 1974, p. 16, M IV 1. 2, tav. 4, 3—4; p. 16 M I 4, tav. 1, 4; P 1, tav. 13, 1, p. 34; P 2, tavv. 14—15; F III 5, p. 34, tav. 44, 2; F III 14, p. 34, tav. 49; S 7 — P 12, p. 40, tav. 23, 1,

6V. il c. d. Inopo, al Louvre, la cui identificazione con una personificazione fluviale è ipotetica (cfr. Michon, BCH, 35, 1911, pp. 288—289, tav. X; Bieber, 1964, p. 67, fig. 86; Charbonneaux-Martin-Villard, 1971, p. 324, fig. 356); peraltro l’identificazione con Mitridate VI Eupatore e l’attribuzione al Maestro della Venere di Milo proposta da Charbonneaux, RArts, 1, 1951, pp. 8—16 non mi sembrano convincenti. Cfr. anche, ad esempio, nell’arco di Traiano a Benevento, le raffigurazioni di Honos, di Portunus e del c. d. Alutus (cfr. Rotili, 1972, tavv. XCII, CVII, CXXVII, CXXVIII). Si veda anche la personificazione del Campo Marzio nel rilievo della consecratio di Sabina dall’arco di Portogallo (v. Stuart Jones, 1926, tav. 105, n. 11, p. 126 ss.; Helbig, 1966, n. 1800 (Simon) e nella raffigurazione dell’apoteosi di Antonino e Faustina sulla base della colonna di Antonino Pio (cfr. Amelung, 1903—1908, I, pp. 883 s., 223, tavv. 116—118; Helbig, 1963, p. 378, n. 480, — Simon —. Il tipo iconografico con corona di ricci intorno al volto è raffigurato su un frammento dell’Ara Pacis ed è identificato con Acate da Mustilli, 1938, p. 320; Moretti, 1948, p. 153, mentre Studniczka, AbhLeipzig, 27, 1909, pp. 936—939, che colloca diversamente il frammento, vi vedeva Honos. Cfr. anche a titolo d’esempio la raffigurazione di Espero in un sarcofago di Berlino col mito di Endimione per cui cfr. Robert, 1897, tavv. 25, 89; Thulin, RM, 44, 1929, figg. 10—11. Una variante di questo tipo è attestata anche in alcune raffigurazioni di stagioni; cfr. ad es. il sarcofago di Kassel in Hanfmann, 1951, figg. 20, 28, n. 461.

7Cfr. Gerke, 1940, p. 37 s., tavv. 54—55; pp. 42, 56—57. Per la statuetta del Museo delle Terme cfr. anche Thulin, RM, 44, 1929, pp. 231—236; Giuliano (ed.), 1979, n. 192, p. 325 ss. (Dayan). Per l’attestazione del tipo nel sarcofago ravennate c. d. di Liberio, databile agli inizi del V sec., v. Kollwitz-Herdejürgen, 1979, pp. 58—60 B 7, p. 119 ss.

8Supra, p. 166, p. 168, nota 14.

9Cfr. Eitrem, 1927, n. 32 (ritenuto un Apollo); EA 3318—19 (L’Orange); Hals, 1952, p. 30, n. 46. La testa è alta cm. 27. La parte inferiore dei capelli è spezzata, la superficie del volto è stata rilavorata, l’iride è incisa.

10Questo particolare può considerarsi soggetto all’arbitrio del copista tanto più quando la lavorazione del lato posteriore è trascurata come nei due esemplari in questione; cfr. EA 3319.

11Cfr. Aurigemma, BdA, 47, 1956, p. 62, fig. 12; Aurigemma, 1961, fig. 118 a: il rinvenimento non fornisce indicazioni cronologiche determinanti (v. Lippold, 1923, p. 81 ss.), ma i caratteri stilistici non permettono di datare questa testa oltre la metà del II sec. d. C. La testa è ritenuta coeva alla villa anche da R. Calza che ne pubblica una replica rinvenuta nella villa di Massenzio; v. Pisani Sartorio — Calza, 1976, p. 197, n. 43, tav. XXIV, 1—2.

12V. Paris, RA, s. 5, 27—28, 1928, p. 322; Dacos, BCH, 85, 1961, p. 396, n. 5 lo ritiene a torto una replica del Paride di Euphranor. Jantzen, JdI, 79, 1964, p. 241, figg. 215—218 considera il torso di Granada una creazione classicistica; per il problema del Paride di Euphranor v. Zanker, 1974, pp. 111—112.

13V. supra, nota 6.
Credits:
© 2013. Photo: Ilya Shurygin.
Info: museum label.
© 1984. Description: Camposanto Monumentale di Pisa. Le Antichità II. Edizioni Panini. Modena, 1984. P. 190—192.
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