Portrait of deceased in the shield surrounded by geniuses of death, Oceanus, Tellus, Achilles and Chiron. Relief with imago clipeata on the sarcophagus.
Rome, Roman National Museum, Baths of Diocletian
(Roma, Museo nazionale romano, Terme di Diocleziano).
6. Sarcofago con ritratto entro clipeo sostenuto da due Geni alati sopra Oceano e Tellus e con gruppo di Achille e Chirone alle estremità (inv. n. 124735).
Marmo bianco a grana grossa; h. cm. 47; l. cm. 210; prof. cm. 50.
Lacunosa la lira che Achille tiene in mano nel gruppo di destra. Notevoli resti di policromia e doratura, specie sulle ali dei Geni e dell’aquila.
Provenienza: Roma, Via Casilina, in loc. Torraccia (1946). Rinvenuto in seguito a lavori di ampliamento della sede stradale.
Sarcofago a cassa rettangolare decorato da scene a rilievo alquanto alto tra due listelli, superiormente ed inferiormente, e sui fianchi da due grifi di profilo, con le ali distese, a rilievo nettamente più basso. Il sarcofago è anche provvisto di un coperchio, costituito da una lastra marmorea superiormente liscia, con un foro nella parte sinistra. Il centro del la fronte è occupato da un clipeo con busto del defunto, portato da due Geni alati volanti, con manto svolazzante, corpi allungati e capigliatura con ciuffo di capelli raccolti sulla fronte e larghi riccioli, leggermente trapanati. Un’aquila di prospetto con le ali aperte è posta sotto il clipeo e sembra sostenerlo; accanto le stanno le figure semidistese di Oceano (a sinistra), barbato e seminudo, con un timone nel braccio destro ed un’ancora nel sinistro, e di Tellus (a destra), seminuda, coronata di spighe e reggente una cornucopia. Chiude la composizione, alle due estremità, il gruppo ripetuto «a specchio» del giovane Achille che viene istruito nell’uso della lira dal centauro Chirone. Questo, posto di profilo e seduto sulle zampe posteriori (parzialmente coperte dalle gambe del Genio alato), pone un braccio dietro le spalle del giovane e solleva l’altro indicando la lira che Achille imbraccia. L’eroe è visto di prospetto, con il capo leggermente rivolto verso il maestro, e veste solo un mantello che gli pende dalle spalle. Il raddoppiamento di un gruppo ai lati della fronte rientra in uno schema compositivo non inusuale sui sarcofagi romani: un tipico esempio è rappresentato dal gruppo di Eros e Psyche che, tra gli altri, compare su un monumento molto vicino a questo per la sintassi decorativa. Si tratta di un sarcofago di età post-gallienica conservato a Cagliari (Pesce, p. 71 s., n. 29, figg. 61-62), con ritratto maschile in un clipeo sostenuto da due Vittorie alate e tre maschere tragiche al di sotto, tra le personificazioni appunto di Oceano e Tellus. Nella presenza di queste due personificazioni sui rilievi dei sarcofagi la critica è concorde nel vedere un’allusione all’apoteosi dell’anima del defunto, il cui ritratto viene trasportato (da Vittorie o da Geni alati che siano) nel clipeo, immagine della sfera celeste, al di sopra degli elementi naturali terrestri (cfr. E. Gerke, Die christlichen Sarkophage der p.92 vorkonstantinischen Zeit, Berlin 1940, p. 29; Cumont, Symbolisme, p. 488; H. Brandenburg, in JdI, 82, 1967, p. 225 s., nota 92). Allo stesso significato simbolico di ascensione dell’anima va chiaramente ricondotta anche la figurazione della aquila, per altro inusitata in tale aspetto sotto il clipeo, se si esclude un sarcofago inedito di Alessandria menzionato dal Gullini (in bibl., p. 52). Particolarmente carico di valore simbolico è poi il gruppo di Achille e Chirone, poiché il Centauro, superata la sua natura ferina e raggiunta la vera sapienza, insegna all’eroe l’arte della musica, che è una delle più adatte a conseguire il trionfo sulle passioni umane e la perfezione dell’anima, secondo una concezione spiritualistica particolarmente in auge nel III sec. d.C., espressa dall’accentuata esaltazione del mousikòs anèr. Tale gruppo pone un particolare problema iconografico, in quanto si avvicina notevolmente ad una pittura di Ercolano (P. Hermann, Denkmäler der Malerei des Altertums, München 1904-31, p. 103, tav. 82) e ad altri monumenti pittorici e musivi che vengono fatti derivare da un famoso gruppo scultoreo esistente, in base alla testimonianza di Plinio (N. H., XXXVI, 29) nei Saepta e variamente datato al IV o al I sec. a. C. (Sichtermann, in bibl.). Il Gullini (in bibl., p. 53) non esclude che per questo sarcofago lo scultore possa aver tratto ispirazione proprio da tale opera presente in Roma. Il monumento è opera di scarso significato stilistico, ma di decorosa fattura, da p.93 inquadrare nell’ambito dell’abbondante produzione romana del III sec. d. C. Per una datazione più circoscritta l’elemento più significativo è rappresentato dal ritratto del defunto che l’Andreae (in bibl.) avvicina ai ritratti di Alessandro Severo, proponendo così per il pezzo una datazione alla fine del primo trentennio del secolo. Rimangono tuttavia più convincenti i confronti proposti dal Gullini (in bibl.) con vari ritratti dell’età gallienica, caratterizzati dal rifiuto dell’espressionismo dell’epoca precedente, da un colorismo misurato, da una compostezza che costituiscono gli elementi stilistici fondamentali del neo-classicismo dell’età di Gallieno.
Bibliografia: G. Gullini, in BArte, 34, 1949, p. 50 ss., fig. 3-4; H. Sichtermann, in RM, 64, 1957, p. 98 ss., in part. p. 100; Helbig, n. 2385: B. Andreae; Aurigemma, n. 404.
Neg.: GFN 26426 E; AFS 132014 I; DAI 56.255.
Text: inscription to the sarcophagus.
© 1981. Description: Museo Nazionale Romano. Le Sculture. I, 2. De Luca Editore. Roma, 1981, pp. 90—93, cat. no. II. 6.