Ca. 190 CE.
L. 1.93 m, H. 0.48 m, B. 0.53 m. Inv. No. A 7 est.Pisa, Camposanto MonumentalePhoto by Ilya Shurygin
Sarcophagus with a myth of Selene and Endymion.
Ca. 190 CE.
L. 1.93 m, H. 0.48 m, B. 0.53 m.
Pisa, Camposanto Monumentale.
A 7 est.
Coperchio alt. m. 0.21; lungh. m. 2.05; prof. m. 0.56.
Sarcofago alt. m. 0.48; lungh. m. 1.93; prof. m. 0.53. Figg. 10—
Il coperchio, a doppio spiovente, ha due Vittorie alate che brandiscono una torcia tenuta inclinata, resa quasi orizzontalmente, col torso nudo, ed il panneggio teso sulle gambe. A destra ed a sinistra, stemmi medioevali; acroteri alle due estremità raffiguranti maschere sceniche. La tabella ansata porta un’iscrizione incisa, sopra quella romana quasi certamente esistente, del 1467.
Sulla fronte del sarcofago, da sinistra, piccolo genio nudo, dalle ali composte, che ha nella sinistra una fiaccola rovesciata la cui fiamma si confonde col terreno. Segue uno stalliere, dalla corta clamide, che tiene per le briglie i cavalli della biga, in alto fra due alberi piccolo genio in volo, mentre un altro sta sul carro al posto di Diana che, scesa, si avvia, entro chitone e mantello svolazzante, verso la figura addormentata mollemente semisdraiata su di un rilievo del terreno — sul quale è gettata la clamide — di Endimione; la dea ha faretra sulla schiena e due fiaccole nelle mani ed i capelli raccolti sulla nuca escono in un ciuffo. Un albero è intagliato sul fondo fra le due figure principali. Ai piedi di Endimione un agnellino accovacciato col capo rivolto indietro e verso l’alto. A destra Ermete nudo, con petaso alato, calzari alati, e caduceo nella sinistra (resti sul braccio) tende il braccio destro verso quello di Endimione per svegliarlo. A destra Genio alato analogo a quello dell’estremità opposta. Sui lati, a destra ed a sinistra, grifo alato; quello a destra è meglio conservato.
Il Robert attribuiva il sarcofago all’inizio del II sec. d. C.; oggi non sembra assolutamente accettabile una generica affermazione di questo tipo. Si notino alcune caratteristiche tecniche assai definite: un solco notevolmente accentuato contorna tutte le figure, ed anche gli alberi, mentre le chiome di questi sono rese con fitti colpi di trapano che ne accentuano i contrasti di luce. Un altro elemento da considerare è quello della struttura dei putti alati e del panneggio della figura di Artemide-Selene che si avvia verso destra; ci sembra che tutti questi particolari conducano piuttosto all’età di Marco Aurelio.
I confronti tipologici possono andare verso un sarcofago del Vaticano (Robert II 71, 1); ma si deve notare che il nostro sarcofago sta a sé, nella serie di scene simili ampiamente sfruttata dai sarcofagi, per una estrema semplicità e per la dilatazione nello spazio dei personaggi rappresentati, nonché per i fortissimi solchi intorno alle figure. La elaborazione complicatissima del mito, che culmina alla fine del II e nei primi p.58 decenni del III secolo, è qui contenuta con estrema armonia e, si direbbe, ancora ai primordii; ecco perché il Robert ha creduto, forse, di stabilire quella data inesatta. Il nostro sarcofago sembra estraneo a quella speculazione mitologica che il Sichtermann ha così finemente analizzato e che è sboccata addirittura, nel Cristianesimo, nella figura di Giona (Sichtermann Endymion p. 879).
L’inquadramento del mito di Endimione fra Eroti o genii alati si ritrova nell’assai scarna scena del sarcofago tunisino del Museo del Bardo (Inst. neg. 63. 394), della Galleria dei candelabri del Vaticano, mentre la figura di Diana-Luna che scende dal carro si ritrova quasi identica nel sarcofago del palazzo ducale di Mantova (A. Levi Scult. gr. e rom. pal. ducale di Mantova p. 96 n. 194 tav. 113) della basilica di S. Felice di Cimitile (Inst. neg. 65. 1181) del sarcofago Borghese del Louvre (Robert III, 1 tav. XVIII n. 65). Comunque, questo spazio che qui emerge si ritrova sul sarcofago, che appare anteriore al nostro, del Museo Capitolino (Robert III 1 n. 40 Sala Colombe 37), del Museo Nazionale Romano (Not. Scavi 1934 p. 213 fig. 6), del palazzo Lazzaroni in Roma (Robert III 1 n. 60). Il nostro è databile intorno al 190 d. C.
Dütschke n. 115;
Lasinio tav. LXIII;
Robert III p. 71 tav. 15 n. 53;
cfr. H. Sichtermann Späte Endymion-Sarkophage Baden-Baden 1966;
cfr. Id.-G. Koch passim nn. 16—
Nel cartiglio (lunghezza cm. 55, altezza cm. 18,5) è stata inserita la seguente iscrizione:
OLIM.PETRI.DEL.CANFERA. DOMNE .
PAULE . EIUS. UXORIS . ET.GENERO = /
/SI. IUVENIS . FRANCISCI . EIUS . FILII .
IN. ADOLOLOSCENTIA. DEFU = /
/NTI. MCCCCLXVII.
L’altezza delle lettere è di cm. 2,5.
Un Gherardo di Piero Del Canfora è menzionato nel 1428; cfr. B. Casini, Il catasto di Pisa del 1428—
© 1977. Description: Arias P. E., Gabba E., Cristiani E. Camposanto Monumentale di Pisa. Le Antichità. Pacini Editore, Pisa, 1977. P. 57—58.