Inscription of Lucius Plinius Rufus, legate of Sextus Pompeius
ILS. 8891 = ILLRP. 426
39—36 BCE. Copy.
Inv. No. MCR 232.Rome, Museum of Roman CivilizationPhoto by Olga Lyubimova

Inscription of Lucius Plinius Rufus, legate of Sextus Pompeius

ILS. 8891 = ILLRP. 426
39—36 BCE. Copy.
Inv. No. MCR 232.

Rome, Museum of Roman Civilization
(Roma, Museo della civiltà romana).

Palermo, Regional Archaeological Museum “Antonio Salinas”.
Origin:
The original is found in 1894 inserted in the ancient pavement on cape Boeo in Marsala (ancient Lilibaeum); now in the National Archaeological Museum of Palermo (Palermo, Italy).
Description:
ILS. 8891 = ILLRP. 426

Mag(no) Pompeio Mag(ni) f(ilio) Pio imp(eratore) augure / co(n)s(ule) des(ignato) / por[ta]m et turres / L(ucius) Plinius L(uci) f(ilius) Rufus leg(atus) pro pr(aetore) pr(aetor) des(ignatus) f(aciendum) c(uravit)

Under Magnus Pompeius Pius, son of Magnus, imperator, augur, designated consul, Lucius Plinius Rufus, son of Lucius, legate propraetor, designated praetor took care to construct gate and towers.

Italiano p.388 XVIII. MARSALA — Di una rara epigrafe ricordante Sesto Pompeo.

Uno splendido monumento epigrafico, unico nel suo genere e destinato a fornire argomento di studi per la Sicilia antica e per la storia generale di Roma, è stato recentemente acquistato dal Museo Nazionale di Palermo, e questo acquisto è da stimare ancor più pregevole ove si pensi alla nota povertà epigrafica dell’Isola. Fabbricandosi dal signor Carlo Anselmi un vasto stabilimento di vini a Marsala, e proprio all’estremità del Boeo, si trovava un pavimento di lastre di un calcare bianchiccio, molto compatto, proveniente forse dalla vicina cava di Trapani, e fra quelle, una lapide incisa in un lastrone dello stesso materiale, lungo m. 1,34, largo m. 0,42 e spesso m. 0,151. Si rinvennero altresì un bel frammento, forse di coronamento di stele, con una voluta, e un frammento di collo di pozzo, con scanalature. I quali pezzi si vedono collocati sulla lapide nella fotografia che ne feci nel cortile stesso dello p.389 stabilimento Anselmi, e che è qui riprodotta. Dal proprietario mi si cedette tanto la lapide che quei frammenti, i quali hanno ora sicura e decorosa conservazione nel Museo Palermitano.



La lapide fu già incastrata, come è naturale, in un muro e se ne hanno le tracce nello spessore della pietra stessa, adoperata più tardi come lastra di pavimento. Ciò nocque alla conservazione dello scritto, massime, nella parte centrale; ma le scheggiature che si notano in questo posto, hanno pur lasciata tanta parte dei solchi delle lettere, che il contesto si legge, senza alcuna ambiguità, nel modo seguente


G · POMPEIO G F · PIO IMP ·AVGE
COS · DESIG PORtaM · ET TVRRES
L·PLINIVS·L·F RVFVS·LEG·PRO·PR·PR·DES·F·C

L’epigrafe è di una singolare importanza tanto rispetto alla persona di Sesto Pompeo e del legato di lui Plinio, quanto rispetto alle opere eseguite a Lilibeo. Nissuna memoria epigrafica si aveva in Sicilia di quel Pompeo che pur la tenne da sovrano assoluto per ben sette anni, dalla costituzione del triumvirato nell’ottobre 711=43 alla battaglia di Mylae nell’estate del 718 = 36; la quale mancanza dovrà pure attribuirsi all’odio dei vincitori, premurosi di distruggere le memorie del gran proscritto : né parrebbemi di azzardar troppo congetturando che il fatto di trovarsi la nuova lapide adoperata in un pavimento antico debba attribuirsi all’essere stata rimossa di proposito dal primitivo posto di onore. Ad ogni modo, non trovando alcun ricordo p.390 epigrafico di Sesto Pompeo, neanche fuori di Sicilia (almeno nelle principali raccolte d’iscrizioni) mi rivolsi al collega Pais per accertarmi se ne fosse venuto fuori qualcuno in questi ultimi tempi; ed egli riconoscendo l’unicità del titolo lilibetano e l’alto suo valore, accennava alle molteplici considerazioni che potranno dedursene. Le quali ricerche lascio agli studiosi di antichità romane ; da parte mia, stabilita la lettura del testo, mi limiterò solo ad accennare ad alcune circostanze che hanno più strettamente rapporto con la lapide stessa.

E pria di tutto, in quanto alla data, è certo che questa sia posteriore alla pace di Miseno (715 = 39), perchè allora fu stabilito secondo Dione Cassio (XLVIII, 36) che Sesto Pompeo fosse eletto console ed augure: Αἱ δὲ δὴ συνθῆκαι ἐπὶ τοῖσδε ἐγένοντο… αὐτὸν δὲ τὸν Σέξτον ὕπατόν τε αἱρεθῆναι καὶ οἰωνιστὴν ἀποδειχθῆναι. Appiano (de bell. civ. VI, 62) riferendo i patti, muta l’augure in pontefice: ὑπατεῦσαι δ’ ἀπόντα, δι’ ὅτου κρίνοι (Pompeo) τῶν φίλων, καὶ τῆς μεγίστης ἱερωσύνης ἐς τοὺς ἱερέας ἐγγραφῆναι, e poscia (V, 73), ricordati i banchetti tenuti dopo la pace da Antonio Cesare e Pompeo, aggiunge che si stabilì l’ordine dei consolati pel quadriennio, assegnando a Pompeo il secondo anno insieme a Cesare: ἀπέφηναν δὲ τῆς ἐπιούσης ὑπάτους ἐς τετραετὲς ᾿Αντώνιον μὲν καὶ Λίβωνα πρώτους… ἐπὶ δ’ ἐκείνοις Καίσαρά τε καὶ Πομπήιον… Nel 717 = 35, nel foedus tarentinum uno dei patti convenuti tra Cesare ed Antonio è che si tolga a Sesto Pompeo il consolato e l’augurato. Ce lo dice Dione Cassio, dopo di aver notato (XLVIII, 53, 54) il mutare di tutti i principali magistrati: καὶ τὸν μὲν Σέξτον τῆς τε ἱερωσύνης ἅμα καὶ τῆς ὑπατείας ἐς ἣν ἀπεδέδεικτο ἔπαυσαν (Cfr. Drumann, Geschichte Roms, I Th., 449 seg.; IV Th. 577; Schiller, Gesch. der röm. Kaiserzeit, I, 95). Pertanto fra questi due avvenimenti è da collocare la data della nostra iscrizione. La quale pel titolo sacerdotale di AVGVRE dimostra sempre più l’errore di Appiano, già notato dal Dorn-Seiffen, De Sex. Pompeio Magno Gn. Magni f.; Trajecti ad Rhenum, MDCCCXLVI, p. 18 e 74.

Quel che forma uno dei pregi caratteristici di questo titolo è la solennità della titolatura di Sesto Pompeo, all’ablativo, come si conveniva per mostrare ancor più che l’opera fosse fatta sotto il regno di lui. Non è più il Praefectus orae maritimae el classis ex senatus consulto delle note monete ; qui si sente la grandezza imperatoria, quale poteva concepirsi in quel tempo e da tale uomo ; il cognome Magnus del padre suo diventa un praenomen imperatorium, e secondo l’opinione del Pais, farebbe riscontro all’operato di Ottaviano che poco avanti, nel 714, cessando di farsi chiamare Caius Iulius Caesar, aveva assunto la titolatura di Imp. Caesar divi filius.

Il presente titolo ci dà intero il nome latino e gli uffici del celebre Plennios legato di Sesto Pompeo, che ebbe parte notevolissima nella catastrofe del partito pompeiano in Sicilia. Appiano (V, 97) lo ricorda là dove parlando dell’attacco simultaneo che Cesare, Lepido e Tauro davano alla Sicilia per cingere Pompeo da oriente, da occidente e da mezzogiorno, dice che Pompeo a Lepido contrapponesse Plennios in Lilibeo con una legione e con truppe leggere : ὁ δὲ Πομπήιος Λεπίδῳ μὲν ἀντέταττε Πλένιον ἐν Λιλυβαίῳ, τέλος ὁπλιτῶν ἔχοντα καὶ ἄλλο πλῆθος ἐσκευασμένον κούφως. Lepido viene dall’Africa con mille e settanta navi, dodici legioni, cinque mila p.391 cavalieri Numidi, e dopo di aver perduto molte navi onorarie, approdò in Sicilia ed assediò Plennio in Lilibeo (V, 98): Πλένιον ἐν Λιλυβαίῳ πολιορκῶν. Né altro ne dice Appiano di questo assedio, riuscito infruttuoso o per poco impegno di Lepido o per la difficoltà di espugnare per forza la piazza (F. Brüggemann, De Marci Aemilii Lepidi vita et rebus gestis. Monasterii Guestfalorum, MDCCCLXXXVII, p. 65; Gardthausen, Augustus und seine Zeit, I, 264) e che dovette esser levato quando Cesare volle che l’esercito di Lepido, insieme alle due legioni di Messala (Appiano, V, 103) venisse a raggiungerlo presso Tauromenio. E da Lilibeo venne Plennio tostochè Pompeo ebbe bisogno di tutte le sue forze a Messana per combattere la lotta decisiva coi triumviri. Perduta la causa di Pompeo con la disfatta di Naulochos, fu Plennio che ridottosi a Messana, con una o con otto legioni, si arrese a Lepido nei primi del settembre 718 = 36. Le vicende di questo bellum siculum sono narrate da Dione Cassio e da Appiano e formarono oggetto di studio del Drumann (Geschichte Roms IV, 565 segg.) dello Schiller (l. cit. p. 104 segg.) e del Gardthausen (l. cit. I, 245 segg. II, 127 segg.). Del Nuovo piano d’attacco dopo la votta di Tauromenium (a. 718/= 36) il signor A. Aiello ha trattato recentemente nella Raccolta di studi di Storia antica edita dal prof. Casagrande (Catania, 1893, p. 65—126). Qui non è il luogo di discutere di quegli avvenimenti ai quali ebbe parte il legato pompeiano, ricordato nella lapide; devo bensì far notare come il Plennios degli scrittori greci debba oramai dar posto al Plinius distinto del suo prenome Lucius, della paternità L. f. e del cognome di Rufus. Il Klein (Die Verwaltungsbeamten von Sicilien und Sardinien, Bonn, 1878, p. 196) togliendo da Appiano il nome di questo legato, ragiona opportunamente che Plinius in forma greca dovesse dirsi Πλέννιος, ricordando quanto aveva scritto il Dittemberger (Hermes, VI, 142) sulla forma Στερτέννιος per Stertinius e il Wannowski (Antiquitates rom. e gr. font. explicatae, p. 27) sull’uso di raddoppiare in greco le consonanti latine semplici. Aggiunge il Klein che la persona del legato è sconosciuta ed è da ritenere come l’esempio più antico di un ricordo della gente Plinia in tempi repubblicani: nella qual cosa consente pure il Gardthausen (l. cit. II. p. 136. 5), aggiungendo come sia più moderna l’epigrafe di un soldato per nome L. Plinius Sexti f. (C. I. L. III, supp. 7451). L’aver affibbiato al legato Pompeiano un prenome C. Plennius, è un equivoco, senz’altro, dello Schiller (l. cit. I, 105).

Il nuovo titolo lilibetano, insieme al nome completo del legato, ci dà l’indicazione degli uffici di lui, che fu legatus pro praetore e praetor designatus. Durante la sua amministrazione a Lilibeo egli curò di farvi (o restaurarvi?) il porto e le torri, opere strettamente legate alle condizioni commerciali e militari di quel posto di una capitale importanza strategica. Se delle fabbriche ordinate dal legato di Sesto Pompeo possano ancora trovarsi tracce, è un quesito che merita una risposta; e l’avrebbe piena soltanto quando il R. Governo volesse, o potesse, iniziare un’ampia esplorazione archeologica nelle rovine tanto visibili dell’antica Lilibeo.


1Ne ebbi notizia dall’egregio ispettore dei monumenti di Marsala, signor Salvatore Struppa.

A. Salinas.
Deutsch S.460 Mit dieser africanischen Inschrift verbinde ich eine ebenfalls in letzter Zeit gefundene und ebenfalls zwei in der Geschichte der letzten Zeit der römischen Republik auftretende Heerführer nennende; sie stammt aus Sicilien und zwar aus Lilybaeon (Marsala) und ist von A. Sahnas im Novemberheft der Notizie degli scavi 1894 p.389 mit Facsimile veröffentlicht worden.

AG • POMPEIO • AG F • PIO IMP • AVGE
COS • DESIG PORtaM ET TVRRES
L • PLINIVS • L • F RVFVS • LEG • PRO PR • PR • DES • F • C

Sie fällt unter die Herrschaft des Sex. Pompeius auf Sicilien 711 (= 43 n. Chr.) — 718 (= 36 n. Chr.), dessen im misenatischen Frieden förmlich regulirte Machthaberstellung2 in ihr durch die ablativische Fassung deutlichen Ausdruck findet. Während er auf seinen Münzen Sex. Magnus Pius oder Sex. Magnus oder Magnus Pius heisst, wird er hier mit vollerem Namen genannt Magnus Pompeius Magni f. Pius, wobei die Behandlung des Namens Magnus als Praenomen bemerkenswerth ist; indess dürfte, da für diese Epoche Führung zweier Praenomina neben einander nicht wohl denkbar ist, anzunehmen sein, dass er sich anfänglich Sex. Pompeius Magnus Pius genannt hat, dann aber den alten Vornamen abwarf und Magnus statt als Cognomen vielmehr als Praenomen brauchte, ähnlich wie der spätere Augustus sich anfangs C. Caesar imp., dann imp. Caesar schrieb3. Von den Titeln, die die Inschrift dem Sextus beilegt: imp., augur, cos. desig., erhielt er die beiden S.461 letzten im Jahre 715 (=39) durch den misenalischeu Vertrag1. Im(perator) und imp(erator) II heisst er auf den Münzen; näher bestimmen lassen sich diese Acclamationen der Zeit nach nicht, ausser dass die erste in die Zeit des spanischen Commandos, die zweite in die des sicilischen fallen muss2. Danach fällt die Inschrift zwischen 715 und 718, wahrscheinlich, da die eben erwähnte Iteration fehlt, näher jenem als diesem. — Auch den Unterbefehlshaber des Sextus erwähnt, wie schon der erste Herausgeber bemerkt hat, die geschichtliche Ueberlieferung. Er kann kein anderer sein als derjenige, den die lateinische Uebersetzung Appians Plinius, die griechischen Handschriften Πλένιος oder Πλέννιος nennen3. Er spielt eine Hauptrolle bei den Vorgängen des Jahres 718, die mit der Katastrophe des Sextus endigten. Als die Triumvirn gemeinschaftlich gegen Sextus vorzugehen sich anschickten, wurde dem Lepidus und seinen africanischen Legionen dieser Plinius in Lilybaeon gegenüber gestellt und darauf von diesem dort belagert. Nachdem dann durch Agrippas Seesiege die Macht des Sextus gebrochen war, wies derselbe seinen Unterfeldherrn an mit seinen Truppen sich nach Messana zu ihm zu begeben, was dieser auch that; inzwischen aber war Sextus geflüchtet und die in Messana vereinigten Truppen ergaben sich dem Lepidus4. Diesem Bericht entsprechend zeigt unsere Inschrift den L. Plinius L. f. Rufus uns als Unterbefehlshaber — legatus pro praetore — des Sextus und Commandanten von Lilybaeon, welche Stellung er schon vor dem S.462 Jahre 718 eingenommen und als solcher zwischen 715 und 718 den Befestigungsbau ausgeführt haben wird. Die Designation zur Prätur mag ihm gleichzeitig mit derjenigen seines Oberfeldherrn zum Consulat gewährt worden sein. Uebrigens ist er weiter nicht bekannt. Ob por[ta]m zu ergänzen ist oder mit Salinas por[tu]m, kann man zweifeln; doch entspricht jene Ergänzung besser den Thürmen, und dass nur ein Thor genannt ist, erklärt sich, selbst wenn mehrere erbaut wurden, genügend aus dem Aufstellungsort des Steines an einem derselben zwischen den dieses Thor flankirenden Thürmen.

2Appian 5, 72: Πομπήιον δὲ… ἄρχειν δὲ Σαρδοῦς καὶ Σικελίας καὶ Κύρνου καὶ ὅσων ἄλλων εἶχεν ἐς τότε νήσων, ἐς ὅσον ἄρχοιεν τῶν ἑτέρων ᾿Αντώνιός τε καὶ Καῖσαρ[7].

3St. R. 23, 768.

1Dio 48, 36 spricht ausdrücklich vom Augurat, das auch der Vater gehabt hatte und das dem Sextus schon nach des Dictators Tod in Aussicht gestellt worden war (Cicero Phil. 13, 5, 12); die Embleme des Augurats (Krug und Lituus: Borghesi opp. 1, 345) zeigen auch die Münzen (Babelon n. 25. 26). Appian 5, 72 sagt nur: Πομπήιον δὲ… τῆς μεγίστης ἱερωσύνης ἐς τοὺς ἱερέας ἐγγραφῆναι, was man, vielleicht nicht mit Recht, auf den Pontificat bezieht. Nach dem Bruch wurden diese Ehrungen cassirt (Dio 48, 54).

2Babelon monn. de la republique romaine 2 p. 348 ff. Drumann 4, 562. 582 setzt vermuthungsweise die erste Acclamation nach dem spanischen Sieg über C. Asinius Pollio im Jahre 710, die zweite nach dem über Caesar den Sohn im Jahre 716.

3Appian b. c. 5, 97. 98. 122. Es stellt sich dies vielleicht zu den Belegen, dass die von Candidus benutzte griechische Handschrift den heute bekannten gegenüber hier und da das Richtige hat, wenn gleich eine con-jecturale Ersetzung des ungeläufigen Namens durch den geläufigen nicht ausgeschlossen ist.

4Appian a. a. O. Drumann 1, 20.

Th. Mommsen

8891 Mag. Pompeio Mag. f. Pio1 imp.2 augure | cos. desig.3 | por[ta]m et turres | L. Plinius L. f. Rufus4 leg. pro pr., pr. des., f. c.

Lilybaei (Marsala) rep., iam Panormi (Salinas Notizie degli scavi 1894 p.389). Tractavit Mommsen Herm. 30, 1895 p.460.

1Est Sex. Pompeius, Pompeii Magni filius minor, qui Siciliam tenuit ab a. 711 ad a. 718, Magnus Pompeius appellatus etiam in senatus consulto apud Ciceronem Phil. 13, 21, 50, Magnus Pius in nummis ap. Babelon II p. 351 (sane in aliis nummis, Babelon p. 350, Sex. Magnus Pius).

2Postea etiam imperator iterum dici voluit, Babelon II p. 351 n. 21seq.

3Augur et consul designatus fuit inde ab a. 715, Dio 48 c. 36, 4; 54, 6.

4Memoratur etiam ab Appiano b. c. 5, 97. 98.122, ut dux Sex. Pompeii, qui eius iussu a. 718 Lilybaeum contra Lepidum et Caesaris copias defendit (in Appiani codicibus dicitur Πλένιος vel Πλέννιος, sed in antiqua versione Candidi: Plinius).

Fragmentum tabellae aeneae, fortasse Siculae originis, Inscr. Gr. Sicil. Ital. 985, ut ad hunc Pompeium referamus nulla causa est. (Item sine causa ad domum Sex. Pompeii Magni a nonnullis relatus est Sex. Pompeius Iustus VI 24520 = Buecheler carm. epigr. 1057: Borghesi opp. 8, 527.)

Titulum murorum oppidi Curubis a ducibus Pompeianis anno 707 vel 708 positum supra dedi N. 5319.

H. Dessau

426. Tabula ex lapide calcario (0,42 × 1,34 × 0,15) reperto Lilybaei (Marsala), nunc Panormi in museo (A. Salinas, Not. scavi 1894, p.388 ss. cum im. phot.; D. 8891).

Mag(no) Pompeio Mag(ni) f. Pio imp(eratare), augure, | co(n)s(ule) des(ignato)1, por[ta]m et turres | L.Plinius L.f. Rufus leg(atus) pro pr(aetore), pr(aetor) des(ignatus)2, f(aciendum) c(uravit).

1Sex. Pompeius Pompei Magni filius minor Sicìliam tenuit ab a. 43 ad a. 36. Magnus pro praenomine usurpatur de eodem Pompeio etiam a Cicerone (Phil. XIII 21, 50); Magnus Pius dicitar in quibusdam nummis (Grueber, Coins, II, pp. 372 s., 560 ss.), in aliis est Sex. Magnus Pius (II, p. 370). De appellatione imperatoris A.Alföldi, Studien über Caesars Monarchie, 1953, p. 31. Augur et consul designatus fuit ab a. 39 ad a. 36 (Dio XLVIII 36, 4; 54, 6), unde patet titulum his annis scriptum esse.

2Plinium a Lepido a. 36 Lilibaei obsessum esse cognovìmus ex Appiano (Bell.civ. V 98, 408; cfr. 97, 405 et 122,505 ss.; ab Appiano dicitur Πλένιος vel Πλέννιος). Praetor designatus esse videtur simul cum Sex. Pompeio (Dio XLVIII 36, 4).

A. Degrassi
Literature:
Salinas A. // NSA. 1894. P. 388—391.
Mommsen Th. Inschriften von Curubis und Lilybaeon // Hermes. Bd. 30. 1895. S. 460—462.
AE 1895, 23
Dessau H. Inscriptiones Latinae Selectae. Vol. 3. P. 2. B., 1916. № 8891.
Degrassi A. Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae. Vol. 1. Firenze, 1957. № 426.
Bivona L. Iscrizioni latine lapidarie del Museo di Palermo. Palermo, 1970. № 7, tav. IV.
Credits:
© 2009. Photo: O. V. Liubimova
© Text of the inscription: Epigraphic Database Roma.
© Commentary: Salinas A. // NSA. 1894. P. 388—391.
© Commentary: Mommsen Th. Inschriften von Curubis und Lilybaeon // Hermes. Bd. 30. 1895. S. 460—462.
© Commentary: Dessau H. Inscriptiones Latinae Selectae. Vol. 3. P. 2. B., 1916. № 8891.
© Commentary: Degrassi A. Inscriptiones Latinae Liberae Rei Publicae. Vol. 1. Firenze, 1957. № 426.
© 2016. Translation from Latin: O. V. Liubimova.
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