Inscription of Marcus Vipsanius Agrippa
Suppl. It. III (Genua). P. 236 № 2.
White marble. 18—12 BCE. Copy.
Height 1.26 m, width 1.05 m, depth 0.06—0.08 m, height of the letters 0.07—0.1 m.
Inv. No. MCR 280.Rome, Museum of Roman CivilizationPhoto by Olga Lyubimova

Inscription of Marcus Vipsanius Agrippa.

Suppl. It. III (Genua). P. 236 № 2.
White marble. 18—12 BCE. Copy.
Height 1.26 m, width 1.05 m, depth 0.06—0.08 m, height of the letters 0.07—0.1 m.
Inv. No. MCR 280.

Rome, Museum of Roman Civilization
(Roma, Museo della civiltà romana).

Origin:
Original is found in 1902 at the Old Wharf, Piazza Cavour, Genoa, Italy; now in the Ligurian archeological museum of Genoa — Pegli.
Description:
Suppl. It. III (Genua). P. 236 № 2.

M(arco) Agripp[ae L(uci) f(ilio) co(n)s(uli) III]
tr(ibunicia) potest(ate) [- - - patrono ?]

To Marcus Agrippa, [son of Lucius, consul for three times], invested with tribunician power, [… patron?]

p.46

Italiano II. GENOVA — Frammento epigrafico, scoperto nella città.

Eseguendosi alcuni scavi nella piazza Cavour e precisamente sotto la casa della Società dei Fuochisti, tornarono a luce alcuni resti di un edificio dell’ età romana e tra la terra fu recuperato un frammento di grosso lastrone marmoreo, alto m. 1,26, largo m. 1,05, dello spattore di m. 0,14.

Reca incido, a grandi e belle lettore, alte nel primo rigo m. 0,10 e nel secondo m. 0,07:

Nel medesimo luogo, al disopra dei ruderi romani, scoprironsi avanzi di costruzioni riferibili all’età medioevale, forse al XII secolo.

Il frammento epigrafico sopra riportato, conservasi oggi nel Civico Museo.

G. Campora
Italiano p.111 AE 1987, 400—403 Gênes (Genua). Inscriptions nouvelles ou révisées, publiees par G. Mennella, Supplementa Italica, n.s., 3, 1987, p. 236; photos.

401) P. 236—237, 2; photo. Plaque de marbre blanc, brisée en haut, à g. et à dr., trouvée en 1903, piazza Cavour: 120 x 105 x 8 cm. Lettres de 8 à 11 cm.

M(arco) Agripp[ae - - -] | tr(ibunicia) potest(ate) [- - -].

A mettre en rapport avec un monument public dédié à M. Vipsanius Agrippa après 18 a. C., année de sa première puissance tribunicienne: peut-être un Caesareum?

A. Chastagnol

p.147

Italiano UNA DEDICA GENUENSE AD AGRIPPA

Alla parete di una sala di disimpegno al pianterreno del Civico Museo archeologico di Genova Pegli è affissa una stele di marmo bianco, in due pezzi combacianti e ricongiunti malamente in restauro con una colata di gesso, che misura cm. 126 x 105 x 6—8, e ha lettere di cm. 7—10 (fig. 1). Trovata a Genova nel 1902, nel corso di scavi occasionali presso il «Molo Vecchio», essa reca un’iscrizione commemorativa di Agrippa che è rimasta virtualmente sconosciuta agli studiosi, poiché ne venne data notizia soltanto nei quotidiani locali; l’unica segnalazione per gli specialisti, laconica e imprecisa, apparve l’anno dopo sulle «Notizie degli Scavi»1, dove il testo fu riportato così:

Un provvisorio riordino della sala, effettuato recentemente in vista della programmata risistemazione delle collezioni archeologiche p.148 comunali, e quasi in fortuita coincidenza col convegno genovese sulla figura del genero di Augusto, ha consentito di riscontrare il pezzo in modo più completo, e di migliorare sia questa lettura, sia quella che lo scrivente aveva proposto tempo addietro dopo una verifica effettuata in condizioni di emergenza2.

L’esame esterno del supporto è, infatti, essenziale per poter stabilire la massima lunghezza approssimativa del monumento, nel quale sono originali tutto il margine sinistro e il bordo inferiore, assieme ai resti di quello superiore. L’entità di quanto è andato perduto a destra non sembra apparentemente quantificabile, ma è da credere che fosse abbastanza considerevole, dato che all’incirca per tre quarti della sua altezza, e in corrispondenza di quasi tutta la superficie anepigrafe, la stele non è lisciata e ha uno spessore più pronunciato: l’entasi, visibile anche in fotografia, rivela che la parte non lavorata era infissa tutta nel terreno per mantenere il monumento stabile e perfettamente perpendicolare al piano di campagna, e che tale espediente servì per la messa in opera di un supporto caratterizzato da un ampio sviluppo orizzontale3.

Questa ipotesi è confermata dalla ricostruzione del testo sulla base della titolatura di Agrippa nota dalle epigrafi. Dal loro esame si deduce che, tranne un solo caso, dopo il patronimico la menzione del consolato precede costantemente la tribunicia potestas, contrariamente alla prassi in seguito invalsa nelle titolature4. Nell’epigrafe genuense, pertanto, in fondo alla riga iniziale doveva figurare il terzo consolato, che Agrippa rivestì per l’ultima volta nel 27 a.C, nove anni prima di ricevere la prima potestà tribunizia5. In seguito, e fino p.149 alla morte, egli ebbe i poteri tribunizi per altre cinque volte, ma è impossibile precisare a quale si riferisse l’epigrafe genuense, che perciò non è databile ad annum, bensì soltanto col terminus post quem approssimativo del 18 a.C. Dal testo e dalla sua ricostruzione grafica si vede, inoltre, che la prima riga era più estesa della successiva, centrata con la marginatura rientrante. Infine, la tipologia del

Fig. 1. La stele di Agrippa (Museo di Ge-Pegli).

p.150 supporto induce a credere che nell’iscrizione Agrippa fosse il dedicatario, e che perciò la sua onomastica apparisse in dativo: è improbabile, infatti, che un’opera pubblica fosse corredata con una stele, anziché, come d’uso, con un titulus affisso direttamente sul manufatto. Pertanto, dopo l’indicazione della potestà tribunizia è possibile preventivare una lacuna di almeno otto ο nove lettere, il cui contenuto resta però congetturale: orientativamente, e in pura forma speculativa, si può supporre che dopo l’eventuale numerale fosse menzionato il patronato civico, una dignità conferita ad Agrippa da diverse città dell’Impero e che avrebbe potuto essergli decretata benissimo anche a Genua6. In alternativa, si può pure pensare all’attributo collettivo Genuenses, forse inciso abbreviato, ma che certo non continuava su di una terza riga, di cui non c’è traccia nella parte superstite della stele e che comunque, a causa dell’allineamento rientrante, difficilmente avrebbe contenuto più di una sigla mono ο biletterale.

Per quanto riguarda il testo ancora leggibile, sulla pietra si distinguono anche l’apice inferiore dell’ultima asta della M del prenome poco prima dell’interpunzione (che come altrove dovette essere triangoliforme), e i resti della barra verticale dell’ultima Τ alla l. 2. La dedica, redatta nella forma concisa e asciutta che contraddistingue le iscrizioni onorarie della prima età imperiale, va quindi riletta adesso così (fig. 2):


M(arco) Agripp[ae L(uci) f(ilio) co(n)s(uli) III]
tr(ibunicia) potest ate) [---patrono (?)].

Dato che il monumento emergeva ed era visibile dal suolo per appena 60 centimetri, è evidente che esso non si mostrava all’altezza del piano di calpestìo, ma doveva essere collocato in una sostruzione posta a livello parallelo ο di poco rialzato rispetto all’angolo visivo, p.151 in modo da permettere un’agevole lettura della scritta. Il luogo della sua originaria ubicazione non pare troppo inverosimile individuarlo nel recinto di un sacrario all’aperto, eretto dalla comunità genuense in onore della gens Iulia, sull’esempio di iniziative simili promosse in altre località italiche7. Forse la stele si sarà trovata accanto ad


Fig. 2. Ipotesi di riconstruzione del testo.

Fig. 3. Lastra frammentaria con dedica alla Fortuna Redux (di Augusto?).

p.151 analoghi supporti dedicati nel medesimo complesso, e non è da escludere che fra essi ci fosse anche la grossa lastra restituita frammentaria dagli scavi condotti nel 1975 in Piazza Matteotti e già reimpiegata in antico, che commemora la Fortuna Redux di un principe nel quale potrebbe identificarsi lo stesso Augusto (fig. 3)8: un indizio in più e un esempio altrettanto significativo di come la civitas Genuensium fin dall’inizio si fosse pienamente adeguata agli orientamenti e alle direttive del nuovo corso politico.

G. Mennella
1G. Campora, Genova. Frammento epigrafico scoperto nella città, in «Notizie degli Scavi di Antichità», 1903, p. 46, dove si apprende che lo spessore originario del monumento è di cm. 14. Per le notizie apparse sulle cronache locali, vd. G. Poggi, in «Il Caffaro", 11—12 XII 1902 pp. 2—3; D. Castagna, in «Corriere Mercantile» 16 III 1933, p. 4; G. Miscosi, ibid., 1934, p. 4. Di recente si è soffermata brevemente sul monumento G. Conti, Marmi antichi di Genova: la decorazione architettonica, in «Rivista di archeologia», IV (1980), p. 41, fig. 27, che però ha scambiato la stele di Agrippa col frammento CIL V 7753, pertinente all’epistilio dei Pylades, hieronicae al tempo degli Antonini.

2G. Mennella, Genua — Ora a Luna ad Genuam, in «Supplementa Italica», n.s., 3, 1987, pp. 236—237, nr. 2, con la trascrizione del testo nella forma: M. Agripp[ae - - - ?] / tr(ibunicia) potest(ate) [-].

3Il foro del diametro di cm. 5,5 che appare sotto la superficie iscritta è cieco, e pertanto non fu praticato per l’infissione di un palo di bilanciamento come in un primo momento avevo supposto (art. cit., p. 236), ma è dovuto a reimpiego.

4Vd. in proposito CIL II 474 (Emerita); AE 1911, 3 (Merida); CIL III 494 (Sparta); AE 1904, 98 cf. 1924, 68 (Ephesus); 1919, 2 (Corinthum); AE 1980, 447 (Rusellae); 1920, 43 (Nemausus); CIL XIV 2230 (Mons Albanus). La potestà tribunizia precede il consolato nell’epigrafe CIL IX 3913 (Alba Fucens).

5Cf. M. Reinhold, Marcus Agrippa. A Biography, New York 1933, specie pp. 21 ss., 73 ss., da integrare ora con la più recente opera di M. Roddaz, Marcus Agrippa, Rome 1984, pp. 91 ss., 339 ss., 357 ss., al quale sono debitore di un fruttuoso scambio di idee sulla lapide e sulla titolatura di Agrippa, in occasione del convegno genovese. Utili informazioni anche sotto le voci specifiche curate da D. Vaglieri, in «Dizionario epigrafico di antichità romane» I (1895), pp. 368—369, e da G. Vitucci in «Enciclopedia Virgiliana», I (1984), pp. 68—70.

6Patronus si legge dopo la titolatura in CIL II 1527 (Ulia), IX 262 (Gnatia), IX 4677 (Reate), X 4616 (Cubulteria), X 4831 (Rufrae), XI 6814 (Claternae), XIV 2230 (Mons Albanus), AE 1919, 2 (Corinthus), 1979, 366 (Carthago Nova). Per il significato di questa dignità, oltreché per il patronato assunto a Gades e a Corcyra, vd. soprattutto M. Reinhold, op. cit., pp. 60, 94 ss., 103 ss.

7Tutta la documentazione in proposito è stata raccolta da L. Gasperini, L’augusteo di Firmo Piceno in un’epigrafe da rileggere, in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Macerata», X (1979), pp. 59 ss., cui si possono aggiungere le osservazioni sul presunto edificio pisaurense evidenziato da G. Cresci Marrone — G. Mennella, Pisaurum I. Le iscrizioni della colonia, Pisa 1984, pp. 184—185, nr. 30.

8Il testo si legge: [Fortunae] Reduci / [--- C]aesaris / ----(?). Vd. G. Mennella, art. cit., p. 236 nr. 1, anche per le osservazioni sulle analogie che legano questo frammento a quello di Agrippa, nonché per la bibliografia precedente.
Literature:
Campora G. Genova. Frammento epigrafico scoperto nella città // Notizie degli Scavi di Antichità. 1903. P. 46.
Supplementa Italica. Vol. 3; Genua. Roma, 1987. P. 236 № 2 (G. Mennella)
AE 1987, 401 (A. Chastagnol)
Mennella G. Una dedica genuense ad Agrippa // Il bimillenario di Agrippa. Atti dell’incontro di studio. Genova, 1989. P. 147—152
AE 1989, 316 (A. Chastagnol)
Credits:
(сс) 2009. Photo: Olga Lyubimova (CC BY-SA 4.0).
© Text of the inscription: Eagle. Electronic Archive of Greek and Roman Epigraphy.
© Commentary: Campora G. Genova. Frammento epigrafico scoperto nella città // NSA. 1903. P. 46.
© Commentary: AE 1987, 401.
© Commentary: Mennella G. Una dedica genuense ad Agrippa // Il bimillenario di Agrippa. Atti dell’incontro di studio. Genova, 1989. P. 147—152 .
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