Pentelic marble.
Height 173 cm, mouth diam. 135 cm.
Second half of the 1st cent. BCE. Inv. No. 307.Florence, Uffizi GalleryPhoto by Ilya Shurygin
Krater with sculptured bas-relief decorations known as the Medici Vase.
Pentelic marble.
Height 173 cm, mouth diam. 135 cm.
Second half of the 1st cent. BCE.
Florence, Uffizi Gallery
(Firenze, Galleria degli Uffizi).
In 1780 it was restored by Francesco Carradori.
In 1598 it was in the gardens of the Villa Medici in Rome and remained there until 1780 when it was brought to Florence.
Cratere a calice con decorazione scolpita a bassorilievo
Seconda metà del I secolo a. C.Marmo pentelico
Alt. cm. 173, diam. sub. cm. 135
Inv. 307
Da Roma, scavi condotti nella seconda metà del Cinquecento presso San Pietro in Vincoli (?).
Restaurato nel 1780 da Francesco Carradori.
Nel 1598 si trovava nel giardino di villa Medici a Roma, dove rimase fino al 1780 quando fu trasportato a Firenze.
La scena figurata, sopra girali e foglie di acanto, è incentrata sulla figura femminile seminuda, che giace in abbandono sotto la statua di culto di una divinità, restaurala come Artemide.
L’opinione più diffusa oggi è quella che si traiti della consultazione dell’oracolo di Delfi da parte di eroi greci prima della partenza per Troia.
Numerose le riproduzioni a stampa che testimoniano la fama raggiunta dal Vaso Medici nel diciassettesimo secolo: nel 1656 l’incisione dì Stefano della Bella ritraeva Cosimo III, adolescente, intento a disegnare il cratere.
Il restauro del Vaso Medici nel 2016 è reso possibile dalla Fondazione Friends of Florence grazie al dono, in onore di David Curtis, di Patty e Bill Babcox, Diana Richman e Jim Abellera, Sonya e Darren Schroeder.
NEO-ATTIC WORK
Krater with sculpted bas-relief decorations
Second half of the I century B. C.Pentelic marble
Height cm. 173, mouth diam. cm. 135
Inv. 307
This piece was found in Rome, during the latter half of the sixteenth century at the excavations near San Pietro in Vincoli (?).
In 1780 it was restored by Francesco Carradori.
In 1598 it was in the gardens of the Villa Medici in Rome, and remained there until 1780 when it was brought to Florence.
The scene, above acanthus leaves and swirling plans focuses on the seminude female figure, lying in abandon beneath the cult statue of a divinity restored in the likeness of Artemis.
The most widely hel opinion today is that it depics the Greek heroes consulting the oracle at Delfi prior to their departure for Troy.
Many renderings in prints testify to the fame the Medici Vase had attained in the seventeenth century. A 1656 engraving by Stefano della Bella portrayed the adolescent Cosimo III intent on drawing the vase.
The restoration of the Medici Vase in 2016 is made possible through the generous support of the Friends of Florence Foundation with major gifts, in honor of David Curtis, by Patty and Bill Babcox, Diana Richman and Jim Abellera, Sonya and Darren Schroeder.
180. Cratere detto «Vaso mediceo» (inv. n. 307).
Marmo bianco venato a grana fine; alt. (col piede) m. 1,73; diam. all’orlo m. 1,35.
Il problema dei restauri di questo vaso è stato sempre ritenuto complesso; in merito possediamo pochi dati documentari e diverse versioni da parte di coloro che lo hanno precedentemente studiato, riassunte qui di seguito: il piede è antico per lo Zannoni (RGF), moderno per Dütschke e Amelung; parti della cornice superiore e della spalla sono rifatti per Dütschke e Amelung, per Hauser la superficie è rilavorata. Inoltre, il simulacro di divinità è per tutti moderno, eccetto i piedi e, per Heydemann e Hauser la parte superiore dell’arco; la figura di fanciulla davanti al simulacro non è restaurata per Dütschke e Hauser, Amelung nota i restauri del naso e della metà del piede destro, Rizzo e Picard ritengono rilavorato il corpo, in origine coperto da leggero panneggio. La prima figura a sinistra della centrale è tutta antica per Dütschke, restaurata solo in piccole parti (alcune dita) per Meyer e Hauser, per Amelung sono moderni testa e petto e parte della gamba destra, oltre alcune dita, per Picard testa, elmo e parte della gamba destra. Nella seconda figura Dütschke ritiene di restauro il gomito, il naso e parte della clamide. Amelung anche parte del busto, Hauser nessuna parte notevole. Nella terza figura Dütschke non nota alcun restauro, Amelung parte della gamba e della lancia, Hauser, che segue Meyer, ritiene rilavorate le parti scoperte, ma antica la testa. L’ultima figura di questa serie è interamente antica per Zannoni (RGF), moderna nella parte superiore per Meyer e Hauser, così per Amelung, che aggiunge alla lista dei restauri parti del piede sinistro e del ventre, del panneggio e della mano destra; per Picard sono moderni testa e torso. Per le figure a destra della centrale si hanno le seguenti versioni: prima figura: per Dütschke e Hauser sono rifatti il piede destro col calzare e la gamba destra, per Amelung il naso, dita della mano destra, gamba destra e parte della sinistra, per Picard la spalla destra col collo, il sostegno del lophos; seconda figura: per Zannoni (RGF) la testa e la parte superiore del corpo sono di restauro, per Dütschke e Hauser solo l’apice dello scettro, per Amelung anche il naso, a spalla destra con parte del braccio, il collo, il braccio sinistro, la parte inferiore dello scettro, per Picard il braccio sin. col fondo; nella terza ed ultima figura Meyer ritenne moderna la parte superiore, Dütschke è incerto, Amelung riconosce come moderni la parte superiore, parte del braccio destro, l’estremità inferiore del bastone, Hauser si limita a riportare le opinioni di Meyer e Dütschke, Picard ritiene moderni testa, torso e braccia. Alle recensioni degli studiosi citati (fra i quali Hauser spesso si limita a riprendere giudizi altrui) si aggiungono pochi dati d’archivio, citati solo in parte da Zannoni (RGF) e Lanzi; riguardano la parte superiore della quarta figura della serie a sinistra della centrale: il frammento che la contiene era in Galleria e secondo il Lanzi, seguito da Zannoni (GF, p. 98 e RGF) la tradizione lo diceva parte del vaso, mentre ancora questo era a Villa Medici; un rapporto del Mengs p.190 (AG, III, 13) informa che il vaso stesso necessitava di restauri, in vista del trasporto a Firenze, in seguito da altri documenti risulta che il frammento di cui sopra fu spedito a Roma, dove fu collocato a posto dallo scultore Carradori (AG, XII, 71); il Lanzi ricorda che il frammento combinava con la lacuna. Come tale frammento sia pervenuto a Firenze — forse in uno dei periodici trasporti da Villa Medici — non risulta, nè risulta l’entità dei restauri eseguiti dal Carradori nel 1779. L’unico elemento base per riconoscere l’antichità delle parti decorative e del fondo è la venatura del marmo, elemento intravisto, ma non sfruttato da Dütschke; per le figure interviene anche la valutazione stilistica. In sostanza chi ha approfondito meglio l’osservazione è stato l’Amelung, che va seguito per quanto riguarda il gruppo centrale (simulacro e figura semisdraiata); la revisione fatta per questo catalogo ha dato inoltre i risultati seguenti: serie di figure a sinistra della centrale: nella prima sono moderni spalle, testa, collo e tutto l’elmo tranne il lophos (di cui però è moderna la coda); nella seconda le parti indicate da Amelung; nella terza il braccio sinistro e tutto il fondo fino al mantello della precedente, la testa; nella quarta la parte superiore con la testa (il frammento di cui Lanzi, RGF, AG, ll. cc.) e gli altri elementi indicati da Amelung. Nelle figure della serie a destra della centrale sono moderni: prima figura: le parti indicate da Amelung; seconda figura: qualche tassello sulla spalla, cresta dell’elmo, braccio sinistro zone del fondo; terza figura: parti indicate da Amelung, più tutto il fondo fra questa e la precedente (zona che comprende anche il braccio sinistro di quest’ultima). Sono rifatte inoltre larghe zone della cornice superiore e parti della spalla decorata a foglie d’acanto. La superficie del fondo è generalmente rilavorata, non così le parti antiche delle figure, meno il volto della terza figura da sinistra, in cui è stata semiscalpellata la barba; da escludere invece la riscalpellatura del torso della fanciulla centrale. Nessun elemento positivo per ritenere antico il piede, cui il vaso è fissato per mezzo di un doppio anello di bronzo per assicurarne la rotazione(1).
Nessun dato si possiede sul luogo del ritrovamento nè sull’acquisto da parte dei Medici. Circa alla metà del sec. XVI il vaso apparteneva già alla collezione medicea di Roma, come si desume da un passo del diario di Cassiano Del Pozzo(2); esso è citato più tardi dal Sandrart(3) e dal Bartoli(4); ancora il Piranesi lo indica a Villa Medici(5). Il trasporto a Firenze avvenne nel 1780 secondo DocIned, IV, p. 27, n. 2 (non prima del 1771 secondo Dütschke (p. xxi). Nel sec. XIX era nella sala della Scuola Veneziana (poi sala dei Capolavori); attualmente si trova nella sala dei Niobidi.
La cattiva conservazione non pregiudica la valutazione del pezzo, il quale, astrazion fatta dalle parti reintegrate si distingue fra i congeneri per la compassata freddezza della composizione. L’impeto delle raffigurazioni dionisiache sul vaso Borghese e su quelli di Mahdia(6) è sostituito qui da una composizione paratattica di una rigidezza che la varietà ammanierata degli atteggiamenti non riesce a mitigare. Le larghe zone di fondo liscio sembrano isolare le figure ciascuna in sè, senza che sia formalmente valorizzato il rapporto che le lega nella pur tenue ed enigmatica azione. La soluzione del problema esegetico è con la valutazione strettamente connessa, ima specie di rebus ermeneutico, che si è imperniato attorno ad alcune soluzioni: la più antica, accennata già dal Sandrart, era l’interpretazione come sacrificio di Ifigenia in Aulide, legata, come avverte Amelung(7) alla presunzione di. autenticità dell’idolo di Artemide; posto che questo è chiaramente moderno, vien meno una delle basi dell’esegesi. Tralasciando le questioni particolari sull’identificazione delle singole figure, ognuna delle quali costituisce un problema a sè, si ricorderà che l’esegesi più antica è ancora sostenuta dal Lanzi e dallo Zannoni, p.191 sostituita poi dalla nuova interpretazione che identifica nella fanciulla in primo piano Cassandra(8), opinione condivisa da Dütschke e ripresa e discussa da Hauser, il quale ha posto l’attenzione sul fatto che sulla fanciulla si concentra l’interesse di tutte le altre figure. Un centro ideale della figurazione indubbiamente esiste ed è questo, unico legame evidente della scena. Non ha avuto seguito la tesi del Panofka(9) che si tratti di Manto fra eroi tebani, per quanto già sfiorasse più soddisfacenti e recenti tentativi di soluzione, mentre non è accettabile perchè troppo semplicistica la tesi del Michaelis di una commistione a scopo decorativo di due tradizioni figurative: l’offesa a Cassandra e il sacrificio d’Ifigenia, tesi che è anche esposta da Amelung in termini un po’ diversi: gruppo centrale di antica composizione, con aggiunta di altre per creare la scena. Il Robert(10) non accetta l’esegesi come mito di Cassandra e richiama l’interpretazione del Petersen(11) della base di Sorrento, in cui nella figura giacente è riconosciuta la Sibilla. Questa tesi ha dato l’avvio alle osservazioni del Rizzo(12) da un nuovo confronto fra il vaso Medici e la base Correale; il Rizzo ha seguito un’ulteriore esegesi del Hauser(13) secondo cui la figura semisdraiata è la Pizia, tesi appoggiata da confronti persuasivi. L’esegesi Hauser-Rizzo è stata ultimamente ripresa da Ch. Picard, il quale in un primo tempo(14) aveva richiamato il mito di Procris uccisa da Kephalos, seguendo Svoronos. Ora Ch. Picard, polemizzando con la ripresa dell’esegesi come mito di Cassandra da parte di J. Davreux ha puntualizzato il problema riconoscendo nella figurazione del vaso Medici la consultazione delfica degli eroi greci e di Agamennone prima della spedizione troiana. In sostanza, per quanto anche per queste ultime spiegazioni manchino in realtà elementi decisivi per specificare l’episodio mitico, la tesi della consultazione mantica si presenta come la più accettabile. Si spiega così l’inerzia dell’azione che è ridotta a concentrazione sospesa verso la figura verginale, verso cioè l’interprete del nume, mentre nessuna tradizione figurativa testimonia un tale aggruppamento per il sacrificio di Ifigenia; la composizione acquista un senso e uno scopo e la freddezza può spiegarsi con la ieraticità dell’episodio. La tesi del centone figurativo va considerata solo per quanto riguarda la composizione, perchè, come avvertì già Hauser, diversi motivi sono ripetuti(15) e perchè non si conosce altra testimonianza figurativa analoga. Certo il Vaso Medici, per il suo contenuto mitico, si allontana dalla serie più comune Borghese—
AG — Archivio della Galleria degli Uffizi.
DocIned — G. Fiorelli, Documenti inediti e per servire alla storia dei Musei italiani, Roma, 1878.
GF — L. Lanzi, La real Galleria di Firenze accresciuta e riordinata, Firenze, 1782.
RGF — [G. B. Zannoni] Reale Galleria di Firenze, Serie IV, Firenze 1840.
(1)Cfr. anche A. Merlin, L. Poinssot, Cratères et candelabres de Mahdia, Tunis, 1930, p. 55, n. 2.
(2)Schreiber, in: Berichte der sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften, 1883, p. no, n. 52.
(3)J. v. Sandrart, Teutsche Academie der edlen Bau- Bild- und Mahlerey-Künste, Nürnberg, 1675, Berlin, 1679, I, 1, cap. 4.
(4)P. S. Bartoli, Admiranda Romanae antiquitatis ac ueteris sculpturae uestigia, Romae, 1683, tavv. 18—
(5)Piranesi, Vasi, II, 54, 55.
(6)Merlin—
(7)W. Amelung, Führer durch die Antiken in Florenz, München, 1897, p. 80.
(8)O. Jahn, Archaeologische Beiträge, Berlin, 1847, p. 384.
(9)Archaeologische Zeitung, 1848, p. 74.
(10)Robert, in: 20 Hallische Winckelmannsprogramm, p. 49.
(11)Presso Hülsen, in: Mitteilungen des deutschen Archaeologischen Instituts, Römische Abteilung, München, IX, 1894, p. 240.
(12)Bullettino della Commissione archeologica comunale, Roma, LX, 1932, infra.
(13)Jahreshefte des öesterreichischen archaeologischen Instituts, Wien, XVI, 1913, pp. 33 e segg.
(14)Ch. Picard, La sculpture antique, I—
(15)Cfr. anche K. Neugebauer, testo a H. Brunn, Denkmäler griechischer und römischer Skulptur, München, 1888 e ss., 725, p. 20.
(16)Ch. Picard, La sculpture antique, p. 225.
(17)Merlin—
(18)Kunst von Pergamon, Wien, 1951, p. 145 e ss.
(19)Marburger Jahrbuch für Kunstwissenschaft, Marburg a. L., 1949—
(20)D. Mustilli, Il Museo Mussolini, Roma, 1938, p. 105, n. 6, T. LXI, 243.
P. S. Bartoli, Admiranda Romanae antiquitatis ac ueteris sculpturae uestigia, Romae, 1683, TT. 18—
Piranesi, Vasi, tav. 54 e 55;
P. Rossini, Mercurio Errante delle grandezze di Roma, tanto antiche che moderne, 10, Roma, 1776, p. 406;
Tischbein, Homer, V, p. 33;
A. L. Millin, Mythologische Galerie, Berlin, 1820, p. 155 e 572;
[G. B. Zannoni] Reale Galleria di Firenze, Serie IV, Firenze 1840, IV, CLVI—
H. Meyer, Atlas der Kunstgeschichte, Dresden, 1825, III, p. 384;
Uhden, in: Abhandlungen der Akademie der Wissenschaften zu Berlin, 1812, p. 80;
O. Jahn, Archaeologische Beiträge, Berlin, 1847, p. 388;
H. Dütschke, Antike Bildwerke in Oberitalien, III, Leipzig, 1878, 537 e p. xxi;
C. Friederichs, Berlins antike Bildwerke, Geräte und Bronzen im Alten Museum, Düsseldorf, 1871, p. 778;
Schreiber, in: Berichte der sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften, 1885, p. 110;
H. Heydemann, Mitteilungen aus der Antikensammlungen in Ober- und mittelitalien, III Hallische Winckelmannsprogramm, 1879, p. 76;
C. Friederichs, P. Wolters, Die Gipsabgüsse antiker Bildwerke, Berlin, 1885, n. 2113;
F. Hauser, Die neuattischen Reliefs, Stuttgart, 1889, p. 75, n. 108;
W. Amelung, Führer durch die Antiken in Florenz, München, 1897, 111;
G. Fiorelli, Documenti inediti e per servire alla storia dei Musei italiani, Roma, 1878, IV, p. 27;
Wiener Vorlegeblätter für archaeologische Übungen, Wien, 1888—
R. Lanciani, Storia degli scavi di Roma, Roma, 1902 e ss., III, p. 117;
Robert, in: 20 Hallische Winckelmannsprogramm, p. 49;
W. Amelung, in: Mitteilungen des deutschen Archaeologischen Instituts, Römische Abteilung, München, 24, 1910, p. 189;
F. Winter, Kunstgeschichte in Bildern, Altertum, Leipzig, 1900, 393, 6;
Hauser, in: Jahreshefte des öesterreichischen archaeologischen Instituts, Wien, XVI, 1913, pp. 33 e segg., figg. 17—
S. Reinach, Répertoire des reliefs grecs et romains, I—
Svoronos, Journ. intern. arch. numism. XVI, 1914, pp. 213 e segg.;
Neugebauer, t. a. H. Brunn, Denkmäler griechischer und römischer Skulptur, München, 1888 e ss., 725, p. 20, figg. 10—
Reinach, in: Revue Archéologique, Paris, 1916, 1, p. 314;
De Ridder, REG, XXX, 1917, p. 186;
Lübke—
Boyer, in: Revue de l’Art ancien et moderne, Paris, LV, 1929, p. 213;
Ch. Picard, La sculpture antique, I—
A. Merlin, L. Poinssot, Cratères et candelabres de Mahdia, Tunis, 1930, p. 55 e p. 81;
Rizzo, in: Bullettino della Commissione archeologica comunale, Roma, LX, 1932, p. 75, fig. 12;
Lübke, Pernice, Sarne, Die Kunst der Griechen, Wien, 1948, 16, p. 336, fig. 381;
Ch. Picard, in: Bulletin van de Vereinigung tot Bevordering der Kennis van de antieke Beschaving, ’s Gravenhagen, XXIV—
G. Q. Giglioli, Arte greca, I—
Documenti:
1771, Archivio della Galleria degli Uffizi, III, 13 (relazione Mengs) …ha bisogno di alcuni restauri, essendo molto ripesato…;
1779, Archivio della Galleria degli Uffizi, XII, 12 e 71 (invio del frammento dalla Galleria);
1780, G. Fiorelli, Documenti inediti e per servire alla storia dei Musei italiani, Roma, 1878, IV, p. 77: …il vaso antico di marmo dov’è… il sacrificio d’Ifigenia.
Disegni:
Windsor 8569, già di C. Dal Pozzo (Amelung, Mitteilungen des deutschen Archaeologischen Instituts, Römische Abteilung, München, 24, cit.);
Sandrart, Bartoli, Piranesi, Reale Galleria di Firenze, ll. cc.;
Robert, l. c.
Fot.:
Alinari 1324—
Brogi 3156, 3157, 22466, 22467, 22275.
Interpretare restaurando, restaurare interpretando: gli interventi sul Vaso Medici tra Cinquecento e Settecento, in “Lavorato all’ultima perfezione”. Indagini sul Vaso Medici tra interpretazioni, allestimenti storici, e fortuna visiva, a cura di S. Maffei e A. Romualdi, Napoli 2010, pp. 77-88
Info: the museum annotation.
© 1958. Description: Guido A. Mansuelli. Galleria degli Uffizi. Le sculture. Parte I. Istituto Poligrafico dello Stato. Roma, 1958, pp. 189—192, cat. no. 180, ill. 180 a—c.